Storico: la Chiesa attuale
Da "Appunti storici" scritti per il "Bollettino Parrocchiale" da don Aurelio Frezza
Nel secolo XIX il
commercio diventò più redditizio. Il bosco due secoli prima si era rivestito
di faggi, ora torna ad essere folto di abeti. I Comuni e le Regole incassano
notevoli somme e possono procedere a spese vistose.
E' il tempo in cui sorgono, ad esempio, le belle chiese del
Comelico, ispirate allo stile neo-classico, portato in Cadore dal Pigazzi e
particolarmente dall'architetto Giuseppe Segusini.
Circa la piccola e pur graziosa chiesa
di Casada non ho trovato ancora notizie particolareggiate. So che è stato
costruita nel 1855 e consacrata nel 1858.
Quanto alla chiesa di Costalissoio, le notizie sono
abbastanza abbondanti.
La prima pietra è stata posta il 7 settembre 1847 e la
costruzione, su progetto del Segusini, appaltata da GioBatta e cugini Valentino
e Mario De Mario, fu ultimata nel 1853. Il costo è stato di lire 60.000 circa.
Il Vescovo Antonio Gava la disse "affabre et eleganter
aedificata".
L'Arcidiacono GioBatta Martini di Padola la benedisse la
quarta domenica di ottobre 1853, presenti 12 Sacerdoti e gran folla venuta da
tutto il Comelico.
La consacrazione, cerimonia assai più complessa e solenne,
venne rimandata al 13 giugno 1858, quando le rifiniture furono ultimate e pronte
anche le quattro campane. Arrivò il Vescovo Mons. Giovanni Raniero e fu
un'altra grande giornata per quella popolazione.
Entrando nei particolari, ricordiamo che l'altar maggiore,
costruito in marmi policromi ad intarsio nel 1699, doveva essere stato
acquistato e portato quassù circa l'anno 1754. Francesco Casanova fu chiamato
dal Marigo a far visione dell'altare nuovo e a controllare se mancava qualche
cosa e a incollare qualche intaglio, che si era staccato o rotto e a
mettere in opera il tutto. Sei anni dopo lo stesso lavorò e mise in opera i
gradini.
Ciò venne fatto naturalmente nella chiesa vecchia. Questo
altare fu poi trasferito nella chiesa nuova.
Il Tabernacolo, di pregevolissima fattura, apparteneva alla
Chiesa di Carpenedo. Girolamo Da Ronco da Gemona lo acquistò e lo cedette alla
Chiesa di Costalissoio, facendolo mettere in opera da scalpellini di Gemona nel
1856. Costò lire 4.516.
I due altari laterali, in legno e ora assai pregiati furono
donati dal fabbricere di Candide Valentino De Lorenzo e fatti collocare sul
posto da don Giovanni De Lorenzo (fratello del primo?), mansionario, il quale
scrive: "Regallo veramente considerabile e per cui devono essere grati
verso il donatore".
Prima dell'incendio (1894), la cupola o volta, più alta
dell'attuale, era decorata da pitture di Giovanni Vicari da Valle di Cadore, del
quale restano i due tondi a chiaro-scuro sulla facciata, rappresentanti S.
Matteo e S. Marta.
Questi due tondi costarono lire 560, che furono offerte da
Luigi Bettina (£. 200), Libera De Bettin (£.282), Osvaldo De Bettin Lelo
(£.78).
Le attuali pitture, SS. Trinità nel fondo, i quattro
Evangelisti, ovali sulla volta, S. Matteo e S. Marta sull'arcone del coro, ecc.
sono opera di Giovanni Zanzotto da Treviso (1928).
Nel 1852, ancor prima che la nuova chiesa fosse ultimata, si
domandò alla Superiore Autorità, il permesso di conservare il SS. Sacramento
dell'Eucarestia nella nuova chiesa., perchè data la distanza della chiesa di
S.Stefano, qualche fedele non corresse il pericolo di morire senza il viatico.
Evidentemente, prima di allora, nella chiesa vecchia non si conservava
l'Eucarestia.
Il Vescovo Antonio Gava concesse il permesso, purchè fosse
dimostrato il quale modo sarebbe in quale modo sarebbe stata assicurata
l'illuminazione perpetua. L'Economo di S. Stefano doveva curare l'esecuzione del
decreto.
Qui si inserisce una forte resistenza da parte del Pievano di
S. Stefano, il quale forte resistenza oppose per la costruzione della nuova
chiesa, al punto che, il giorno della benedizione, si allontanò dal paese per
non assistervi.
Soltanto nel settembre 1855 gli amministratori locali
rispondono "esservi un capitale di £. 2.754, che, in ragione del 5 per
cento, dà l'annua rendita di lire 107, la qual somma è sufficiente a
provvedere la giornaliera illuminazione".
Il Decreto del 1852 avrà esecuzione soltanto il 21 ottobre
1855, e sarà il fratello dell'Economo-Pievano, D. Fortunato, che dirà la Messa
solenne davanti a gran folla.
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In questi anni è Mansionario e anche Fabbricere Don Giovanni De Lorenzo, molto attivo e diligente, il quale deve aver guidato la popolazione con tatto e con decisione, se in così breve volger di tempo riuscì a portare in porto tante iniziative.