Una passeggiata "storica" sulle nostre creste di confine e dintorni

...storia e ricordi di quei costoni, che, anche dalla nostra malga Campobon, portano alle creste di confine con l'Austria

(anno 2006)

    Oggi... portiamo a Gardaland i ragazzi e lì si stupiscono e si divertono un sacco con le attrazioni tecnologiche moderne!
   Cinquant'anni fa, invece, i nostri ragazzi gioivano immensamente nel raccontare: "Sono stato a Campobon e da lì sono arrivato al confine e... ho visto Tilga!" Spesso, però, tutto questo rimaneva un'aspirazione. L'occasione di andare in malga era data dalla monticazione o dalla smonticazione. Papà o nonno  viaggiavano in testa al gruppo degli animali di famiglia; i ragazzi dietro a rincorrere e radunare quelli che tentavano la fuga. Raggiunta la malga, lo sguardo subito correva sul costone di Campobon, che porta al confine. Ottenuto il permesso per un'ora o poco più, ecco la corsa disperata verso la cresta. Sembrava sempre lì a portata di mano, ma non si arrivava mai e allora con delusione... il rientro.

...il costone che dalla cresta scende a malga Campobon...

  La possibilità di arrivare all'ambita meta era occasionalmente offerta dal viaggio in malga, effettuato per rifornirsi di prodotti o per la pesatura del latte. Con un po' più di tempo a disposizione, allora, accompagnati, si arrivava a forcella Dignas ed ecco apparire... Tilga, l'Austria! 
    Ora... con il fuoristrada si raggiunge la forcella e quindi è possibile, in una giornata, percorrere il sentiero di cresta, che è sito per buona parte nel nostro territorio, ma che, a volte, per fattibilità, passa dall'altra parte, in Austria. Come escursione, è un bel giro, ben segnalato (dagli Austriaci, che ne sono i più assidui frequentatori). Si parte dal rifugio austriaco sotto f.lla Dignas per arrivare all'altro rifugio austriaco, posto sotto il passo dell'Oregone, vicino al Peralba. Sono luoghi perfettamente conosciuti dai nostri cacciatori, che li "percorrono" in tutti i periodi dell'anno.
    Per noi, appartenenti alla comunità di Costalissoio, è un tragitto scarsamente frequentato, forse perchè un po' di fatica... bisogna pur farla. Una fatica, però, che viene ricompensata da panorami stupendi, almeno per chi sa commuoversi di fronte ad un così grande "spettacolo" della natura.

  Durante la passeggiata, proprio sopra la nostra malga Campobon (Croda Nera), si incontrano camminamenti, trincee, resti di baraccamenti, piccole gallerie di ricovero, risalenti  alla  guerra del 1915-18. Di fronte a tali resti, si è pervasi da mille dubbi: "Qui ci stavamo noi o gli Austriaci? Quanti morti? Che... guerra?"

Questo... lo stimolo per raccontare, in modo semplice, parte della storia trattata in pubblicazioni, ben documentate, che si riferiscono a questi luoghi.

 

A f.lla Dignas incontriamo le "casermette", opere costruite nel periodo fascista, come base per il controllo del confine di stato.
L'ultima loro utilizzazione (ammodernate con acqua, servizi, ecc.) risale agli anni '70, quando furono usate come base di osservazione e perlustrazione, in seguito alle azioni terroristiche di gruppi, che rivendicavano l'appartenenza dell'Alto Adige al Sud-Tirolo-Austria, e che hanno agito lungo tutta la cresta di confine, dalla Valle Aurina fino a Cima Vallona. Ora le "casermette" risultano abbandonate.

 

 

A lato, di fattura ben più antica, la "casermetta della finanza".
Era la base per le guardie di confine che controllavano il piccolo contrabbando: sale, tabacco, ecc., che la gente della nostra valle esercitava al solo scopo di sopravvivere.

(vedi su questo sito alla pagina: storie nostrane/la cros dal Folin ed alla pagina: un tempo ed oggi/le antiche condizioni di vita)

Una garitta posta su un punto strategico con vista su due versanti: Val Visdende e  Valle del Gail Il passo. Il cippo di confine attuale porta la data del 1920.
  Il vecchio cippo di confine, su pietra, porta scolpita la data del 1785, siamo sotto il dominio di Venezia. Questo dimostra che la "grande guerra" non ha modificato nulla su questo fronte.

Questa l'iscrizione posta sul passo di Dignas.

Con riferimento a questa immagine, la storia tratta da:

-NOTIZIE STORICHE DEL COMELICO (Cadore) dalle origini al1866 di GIOVANNI FONTANA;
-Breve STORIA DEL CADORE di GIOVANNI FABBIANI;

Vista da f.lla Dignas sul paese di Obertilliach  >>>>

 

 

 

 

...di Giovanni Fabbiani/Giovanni Fontana...

Questioni e rapporti con i confinanti.

    Questioni per sconfinamenti e razzie di bestiame e conseguenti rappresaglie fra gli abitanti della valle del Gail e di Sesto ed i Comelicesi furono numerose. Grave ed importante la questione fra Comelicesi e gli abitanti di Kartish e di Tilliach. Erano di proprietà dei Comelicesi i boschi ed i pascoli al di là del confine sino al torrente Gail, di fronte ai due paesi di Cartizza e Cercenà (come erano allora chiamati in italiano), ma per secoli erano stati dati in affittanza agli abitanti dei due paesi tedeschi.
    Verso il 1400 detti abitanti si misero in testa di esserne i proprietari e ne nacquero violenze e risse a catena, liti ed arbitrati. Una sentenza favorevole ai tedeschi non sopì la questione, che rinacque nel 1422 e nel 1424 si ebbe anche l'interessamento di Venezia. Il Conte di Gorizia, signore della Valle del Gail, sostneva però i suoi sudditi nelle loro infondate rivendicazioni  e così dalle risse alle razzie di bestiame si arrivò ai fatti di sangue con alcune vittime da ambo le parti.
    Nel 1440 seguì una sentenza arbitrale, ma la questione si chiuse soltanto nel 1448 con un convegno dalle parti di S. Candido, che assegnò ai tedeschi la proprietà del territorio della Valle del Gail dallo spartiacque con il Comelico. Fu posto il divieto di costruire case e fortilizi, eccettuato mulini e seghe e con l'obbligo di presentare, ogni anno il 25 aprile, una libbra di cera al Capitano del Cadore in riconoscimento dell'antica proprietà dei Cadorini.
    Nel 1449 e nel 1454 vi furono ancora da parte dei tedeschi altre molestie.
    Monsignor Ciani scrive che nell'anno 1460 i confinanti tedeschi scesi improvvisamente dai monti saccheggiarono il piccolo villaggio di Costa e trascinarono prigioniero l' Officiale di Comelico inferiore, altri scesero da forcella Dignàs e uccisero "Odorigo de Gianigoli" che stava ricostruendo una casera. Fu chiesto nuovamente l'intervento del Doge, al quale il Ciani presume vada il merito per la definitiva conclusione della grave controversia.


    Con il passare del tempo venne a stabilirsi un tacito modus vivendi di convivenza pacifica fra le due zone di confine. A questo contribuirono: i pellegrinaggi del comelicesi al Santuario della Madonna di Luggau; la convenienza o meglio la necessità di usufruire dei valichi fra le due valli per poter vendere, con qualche profitto, ai nostri mercanti di legname la produzione di taglie della Valle del Gail; il reciproco interesse di avviare altri traffici e si ha ricordo dell'effettuazione di un mercato annuale del bestiame (alla fine della monticazione) che si teneva poco sotto il confine su un pianoro fra Malga Cecido e Malga Manzon, tuttora chiamato "Pian Marcè" ossia pian mercato.

Pian Marcè visto dalle creste...

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...sul sentiero di cresta incontrando i resti della "Grande guerra"...

la storia è tratta da:

-1915-1917 GUERRA IN COMELICO dalla Croda Rossa al Peralba di ANTONIO BERTI;

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L'ambiente   
    A nord della valle, dalla Forcella Dignas al Passo dell'Oregone (da ovest a est), si stende una lunga dorsale con andamento uniforme: sopra il grande piedistallo boschivo una falda di pascoli che quasi dappertutto raggiunge la linea confinaria di cresta, solo in brevi tratti rocciosa. Lungo la cresta correva la linea austriaca.
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I primi giorni di guerra
    E' interessante notare che nel primo anno di guerra gli austriaci, mentre in tutto il fronte dall'Ortles al mare si mantenevano al di là del confine, solo in questo angolo della Val Visdende e alla testata dell'adiacente Val Fleons si addentravano un po' in territorio italiano: complessivamente per circa 8  chilometri quadrati.
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I durissimi inverni di guerra
   
Sul fronte della Val Visdende l'attività militare, risultò assai limitata riducendosi a modesti scontri di pattuglie. L'insidia più grave per i combattenti era invece rappresentata dai problemi legati alla vita invernale sulle posizioni, nei due rigidissimi inverni di guerra. Sopratutto per gli austriaci che per raggiungere le loro posizioni, tutte tra i 2.000 e i 2.500 metri, dovevano risalire sei lunghe valli, perpendicolari alla displuviale di confine, molto pericolose per le frequenti valanghe.
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I primi giorni di guerra
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La insufficienza dello schieramento italiano è esplicitamente riconosciuta dal generale Nava, comandante la 4° Armata:
    In tale situazione diviene necessario arretrare la linea di difesa al di qua della Val Visdende, sulle cresta Crode dei Longerin-Monte Curiè-Rinaldo. La difesa viene affidata in un primo tempo ad un battaglione della Guardia di Finanza che nei primi giorni di guerra spinge ripetutamente pattuglie in ricognizione sui fianchi  nel fondo della valle verso la cresta occupata dagli austriaci.
    Il 2 giugno reparti austriaci, scesi dalla cresta di confine e attraversati i boschi di fondo valle, attaccano all'improvviso la stretta di Cima Canale. Vengono prontamente respinti dai finanzieri e contrattaccati con l'aiuto del 5° Battaglione del 8° Bersaglieri appena giunto di rinforzo.
    I bersaglieri rimangono a presidiare la linea assieme al battaglione della Guardia di Finanza. Dietro, due gruppi di manovra: il 91° Reggimento fanteria a Monte Zovo e i Volontari Alpini del Cadore a Cima Sappada. Il comandante del battaglione bersaglieri assume il comando di tutte le forze della Val Visdende.

Una strana piccola guerra
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La guerra nella Val Visdende, per la particolare conformazione della valle stessa, assume aspetti del tutto caratteristici. La Val Visdende è infatti l'unica zona del fronte del Cadore che non sia più o meno rocciosa.


    Austriaci e italiani conservano le rispettive linee sugli opposti crinali, distanziati dall'intera valle. Se gli austriaci tentassero di avanzare scenderebbero in un fondo cieco: perchè, per uscire dalla Val Visdende, dovrebbero o forzare la forra terminale del torrente, e in tal caso sarebbero sufficienti pochissime truppe per sbarrarla; oppure cercare di forzare le forcelle del Rinaldo, anguste e rocciose, anch'esse difendibili da pochissime forze; oppure ancora affrontare la Forcella Zovo e la Forcella della Sentinella, difese da ottimi appostamenti di artiglieria e di mitragliatrici. Per gli italiani la situazione non è certo più favorvole: se tentassero di avanzare dovrebbero, risalita la falda basale riccamente boschiva, superare 400-500 metri di pascoli ripidi, totalmente scoperti e in ogni parte battuti dalle truppe avversarie distribuite sulla lunga cresta, in linea ininterrotta.
    La piena consapevolezza di questa situazione induce i due avversari a rinunciare ad azioni belliche di un certo rilievo. La Val Visdende, specialmente nella sua parte settentrionale, diviene alora campo di scontri di pattuglie, di audaci azioni esplorative, di attacchi a sorpresa. Quasi ogni notte pattuglie italiane e pattuglie austriache scendono dalle creste e si addentrano e si spargono nel fitto della maestosa foresta del fondo valle, si cercano, si tendono tranelli. Spesso le pattuglie austriache collocano bombe sulle porte delle malghe e de "tabià" perchè esplodano se qualcuno cercherà di aprirle.
    Sono incursioni che richiedono astuzie di cacciatori consumati e che costringono ad un continuo ed estenuante stato di veglia e di allarme.
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18 giugno 1916
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Il capitano Coletti, il tenente Polla e una decina di volontari, utilizzando un camminamento in costruzione, riescono a raggiungere il sommo di un costone sotto la Croda Nera. Dietro il costone è nascosta una baracca nemica; ma la forza è troppo esigua per tentare un attacco a fondo, che consenta di attestarsi con possibilità di difesa sulle posizioni della Croda Nera. Scagliate numerose bombe a mano in direzione della baracca, i volontari si ritirano a sbalzi cercando di attirare l'avversario, che nel frattempo si è organizzato per un contrattacco, verso il limitare del bosco dove il resto della pattuglia è in attesa, pronta a circondarli. Ma gli avversari, giunto ai primi mughi, intuiscono la trappola e si affrettano a retrocedere verso le posizioni di partenza trasportando qualche compagno ferito.

...la Croda Nera... ...i resti della baracca sopra citata.

(nota: nel libro viene citato il nostro compaesano Valentino De Mario)

13-17 gennaio 1916
  
Una pattuglia di Volontari Cadorini e di alpini, con il volontario cinquantatreenne Valentino De Mario per guida, riconosce tutta la linea austriaca della cresta di Val Visdende, restando di notte nascosta qua e là nelle varie malghe. Nella notte sul 18 gli austriaci scendono ad incendiare le malghe nelle quali la pattuglia si era ricoverata nelle notti precedenti.
5 maggio 1916
...Sul Col Caneva (Alta Val di Sésis) dal quale la spedizione deve partire si trova, tra i lavoratori borghesi distaccati lassù, il già citato De Mario.....

....(il De Mario) è un'ottima guida che, avendo fatto per 40 anni il contrabbandiere, conosce tutte le valli e i passi alla perfezione e può rendere utilissimi servigi ed essere un uomo prezioso.

Il De Mario, saputo dell'operazione che si sta disponendo, insiste per unirsi agli ex-compagni, e i volontari ottengono dal comandante l'autorizzazione a prenderlo con loro vestendolo da alpino. Guidata dal De Mario la pattuglia di testa sorprende il presidio nemico, composto da sei uomini; 4 rimangono uccisi, 1 è ferito e il sesto riesce a fuggire.
 

1-2 giugno 1916
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da Cima Canale e si dirige verso Costa Zucco. E' in testa ancora la guida De Mario, vestito da alpino....
Dal mensile "Il Cadore" del febb.2015

Pagina: LA GRANDE GUERRA IN CADORE

a cura di Walter Musizza e Giovanni De Donà