TRADUZIONE dal dialetto A FINE PAGINA


Al "turno" (tornio) di Gise Puro
* Somią Puro Luigi  1871-1959 *

Crėdo che un turno de adės "elettronico" non fara tanta curiositą e interes come che avon nei canai 50 ane fa par al turno de Gise Puro. Vdone in giro al legn lorņ con zerce, bombņ come anfore, bale tonde, duto bel liso e compagn e imaginone chisą che machina che li fades.  Restea imaginazion parchč cal turno non se podea vėde: Gise lorea zna stanza su in auto dla ceda e alora n'se podea spič inze par al fonestere e Gise era un on serio e n'sugn redo se sarą insognņ da di a domandą: par piazer mostreime al turno. E allora duto chėsto fadea aumentą n'camņ da pģ la curisitą. Sei gnu grėn, ei visto al turno e adės sempro "par conose e n'desmatič" scrivo int'in quattro righe parchč forse l'resta e forse anche parchč chelche dogn ricorde.
Guido Puro, so fģ, č contento che se ricorde so Pare e me a mostrņ la stanza gno ch'li lorea e csģ ei pudł fotografą al turno, i atreze, l'banco da laoro e me a anche contņ la provenienza de stņ turno.

Al pare de Gise Puro dea inze in Austria a fči la stagion come "clomper", rigulea pignate de rame e taiea viėre, avea csģ cetņ un laoro a sņ fģ a servizio da un conte a Graz, ma Gise apena cla pudł e du a imparą al mestiėr da n'marangon (falegname). Come duce i brave todėse, chi che fadea al marangon non fadea al turnidor e viceversa. Gise gnea mandņ dal so paron a tole i pomėi e autro da stņ turnidor e "robea col vėio" come cal lorea, n'podea fermase tanto snņ al paron....
Fato stą che al turnidor mėre e Gise riese a comprą al turno. Lo ha disfato e in calche mėdo lo ha portņ a ceda. Chėsta e l'origine dal "turno".

 
    
Al "turno" fato d'legn:  al mandrin,la contropunta e gno ch'se poia i scarpėi in fero; la roda che se mėve col pdal e piėna de sabia par fėi da "volano", par da forza con ch'serve.

Gise oltre che a dorą al turno era un brau marangon. Dute l'cambre "de rispetto" intorno al '900 era fate da lģ. Avea i pomėi e l'cornis "da ciņ e da pes" e l'giambe tornide.
 Chei che n'podea inciodea quattro brėie e n'stramaz de foia d'sorgo.

(a fianco na cambra fatta da lģ)

Se ricorda in particolar la balaustra d'gedia (che e stada giavada dal 60) par l'imponenza e la blėza.
Par fėi sto laoro Gise avea dovł puntlč al turno con un palo al sofito parchč al sforzo era grėn e lģ se l'vea sł.
 

      
Esiste n'camņ chelche piol  de sta fatura, dopo e arvņ al fero che non marzia ma...

Se ricorda anche i "vėve indes"(*) che clcdun conserva ncamņ. Era comapgne a chei vere.

La blėza del colonne e dal corimėn se vėde senza contą.
 Con cal bocon era masa longo e ne stadea sul turno, o lo fadea in doi bocogn e dopo unia par incastro oppur slongea al piėn con un cavalet gno ch'tea la contropunta.
Al banco da marangon con i atreze.
Con cla fato al rivestimento in lėgn dal coro e al contorno in fonde ai altar laterai avea portņ al banco in gedia.

I atrėze: square, borsin(par netą l'brėie), soramėn, piana, spuntarola, grafieto,mazot.

 

Al forno par sodase, chėl del trincee dla guera 15-18

I atreze de cal tempo

* Al "vėvo indes" era un vėvo finto che se tea zna coa de fiėn parcheche l'pite des liņ a pone snņ tocea core par i prades a cetą o fei fora duta la stalla. Se podea anche lasą come "indes" un vėvo vero ma ogni ota tocea sgorlą chei chera zla coa par vėde chel sloco, e chėl se podea anche rompe.(sempro par via da n'desmadič)

(Gise = Luigi)
Credo che un tornio di oggi "elettronico" non creerebbe tanta curiositą ed interesse come lo avevamo noi ragazzi 50 anni fa per il tornio di Gise Puro. Vedevamo in giro il legno lavorato: a cerchi, bombato come anfore, palle tonde, tutto bello liscio ed uguale ed immaginavamo chissą quale macchina li facesse. Restava immaginazione perchč quel tornio non si poteva vedere: Gise lavorava in una stanza su in alto della casa ed allora non si poteva guardare dalle finestre e Gise era un uomo serie e nessun ragazzo si sarebbe sognato di andare a chiedere: per piacere mostratemi il tornio. E allora tutto questo non faceva che aumentare ancora di pił la curiositą. Sono diventato grande, ho visto il tornio, ed ora sempre "per conoscere e non dimenticare" scrivo un po'  quattro righe perchč forse restano e forse anche perchč qualche giovane ricordi. Guido Puro, suo figlio, č contento che si ricordi suo padre e mi ha mostrato la stanza dove lui lavorava e cosģ ho potuto fotografare il tornio, gli attrezzi, il banco da lavoro e mi ha anche raccontato la provenienza di questo tornio.
Il padre di Gise Puro andava in Austria a fare la stagione come "clomper", aggiustava pentolame di rame e tagliava vetri da finestra, aveva cosģ trovato un lavoro al figlio a servizio presso un conte a Graz, ma Gise appena possibile va ad imparare il mestiere da un falegname. Come tutti i bravi tedeschi, chi faceva il falegname non faceva il tornitore e viceversa. Gise veniva mandato dal suo padrone a prendere pomelli ed altro da questo tornitore e "rubava con l'occhio" come lavorava, non poteva fermarsi tanto altrimenti il padrone....  Fatto sta che il tornitore muore e Gise riesce a comprare il tornio. Lo ha smontato ed in qualche modo lo ha portato a casa. Questa l'origine del tornio.
Descrizioni foto:
Il tornio fatto di legno: il mandrino, la contropunta e l'appoggio degli scalpelli in ferro; la ruota che si muove col pedale č piena di sabbia e funziona da volano, per dare forza quando serve.
Gise oltre l'uso del tornio era un bravo falegname: Tutte le camere "di rispetto" intorno al '900 erano fatte da lui. Avevano pomelli e cornici "in testa ed in fondo" e le gambe tornite. Chi non poteva inchiodava quattro tavole ed un materasso di foglie di sorgo. (la foto di una sua camera)

Si ricorda in particolare la balaustra della Chiesa (che č stata tolta negli anni 60) per l'imponenza e la bellezza. Per fare questo lavoro Gise aveva dovuto puntellare il il tornio con un palo al soffitto, perchč lo sforzo era grande ed il tutto si alzava.

Esiste ancora qualche poggiolo di questa fattura, poi č arrivato il ferro che non marciva ma...  Si ricordano anche le "uova indice" (*) che qualcuno conserva ancora. Erano uguali a quelli veri.

La bellezza delle colonne e del corrimano si possono vedere senza raccontare....  

Quando il pezzo da lavorare era troppo lungo e non stava sul tornio, o lo si faceva in due pezzi e dopo si univa per incastro, oppure si allungava il piano con un cavalletto su cui era appoggiata la contropunta.

Il banco da lavoro con gli attrezzi.

Quando č stato fatto fatto il rivestimento in legno del coro ed il contorno in fondo agli altari laterali aveva portato il banco in chiesa.

Il forno usato per scaldarsi, quello delle trincee della guerra 15-18.     Gli attrezzi di quel tempo.

(*) L'' "uovo indice" era un uovo finto che si metteva nel nido fatto di fieno affinchč le galline deponessero in quel posto le uova evitando cosģ di correre per i prati o per la stalla a cercarli. Si poteva anche lasciare come "indice" un uovo vero, ma ogni volta occorreva scuoterli per individuare quello marcio(ovvero l'indice), e quello si poteva anche rompere.(sempre per conoscere e non dimenticare...)