Per chi non ha partecipato alle vicissitudini locali conseguenti alla seconda guerra mondiale,  spero sia interessante conoscere questa pagina di storia ben descritta dall' allora Podestà Giovanni Fontana.
 (anno 1975).

GIOVANNI  FONTANA

DURANTE LA GUERRA
E
L'OCCUPAZIONE TEDESCA
DAL 1939 AL 1945

sette anni di attività al Comune di Santo Stefano di Cadore

Ringrazio il Sindaco Cav. Dino Bressan ed il Consiglio Comunale per aver deliberato la assunzione dell'onere della pubblicazione. Ringrazio per la collaborazione, per avermi aiutato nelle ricerche d'archivio i Signori Buzzo Guido, Mara De Lenart-De Zolt e Denis Solagna-Pasqualetto.
Buzzo Guido aveva sinteticamente ricordato gli avvenimenti di questi anni in una memoria per la Soprintendenza Archivistica di Venezia nel 1962.

Al lettore,
    lo scopo di questa pubblicazione è di lasciare fedele memoria di questo periodo della storia dei nostri paesi.
    L' ho redatta come capo del Comune, ma tutta la nostra gente fu coinvolta nelle vicende succedute, tutti ne soffrirono e avrebbero la loro storia da raccontare. Molti rischiarono la vita e vi fu chi ebbe la sventura di perderla.
    Nel primo capitolo scrivo, che agii con tranquillità di coscienza, per ridurre in quanto mi fu possibile le conseguenze degli eventi che dovemmo subire.
    La serenità di coscienza mi confortò, come mi aiutò la collaborazione di molti, la comprensione, la consapevolezza delle difficoltà e la fiducia sempre dimostratami dai miei compaesani.
    Ebbi pure continue espressioni di gratitudine, molti mi dissero "lo faremo regoliere" ma poi.....
    Invece dalla nostra gente, dal popolo, ho avuto sempre la massima soddisfazione nelle elezioni a Consigliere Comunale ed a Consigliere Provinciale.  
G.F.

EVENTI   ECCEZIONALI

   La conflagrazione mondiale 1939-1945 ebbe anche nei nostri paesi gravi tristi vicissitudini.
    Allo scoppio della guerra, il 1° settembre 1939, l' Italia adottò la posizione di "non belligerante" ma poi partecipò al conflitto, il 10 giugno 1940.
    Conseguentemente, l' Amministrazione del Comune assunse carattere del tutto straordinario, per gli interventi in soccorso dell'economia locale, per l'assistenza in generale e per quella ai richiamati ed alle loro famiglie, per il tesseramento annonario, per la cessazione del libero mercato del legname.
    La straordinarietà si accentuò sempre maggiormente durante l'occupazione tedesca, per il rifornimento di viveri extra tesseramento e più di tutto per la perigliosa opera svolta a salvaguardia della popolazione inerme, nella lotta fra le forze della resistenza e quella tedesca.
    Assolsi il tutto con tranquillità di coscienza, questo alleviò il mio compito, mi distolse dall' abbandonarlo ed -amo pensare- mi rese benigna la sorte.
    Ritengo più semplice e razionale effettuare la cronistoria suddividendola per argomenti.
    Dopo una breve premessa, sulla mia nomina a Podestà e sui compiti del Podestà, desidero ed è mio dovere ricordare chi mi aiutò nell'opera svolta come capo del Comune.

LA MIA NOMINA A PODESTA'

   Nella primavera del 1935, le autorità politiche mi designarono a coprire la carica di Podestà e a questo scopo fui invitato a Belluno dall' allora Prefetto Gazzera.
    Per gli obblighi che avevo verso la mia famiglia, perchè il compito di capo dell'Amministrazione comunale era oltremodo impegnativo, declinai l'incarico.
    Ciò mi fu facile in quanto reggeva il Comune il Cav. Giuseppe De Mario (1862-1947), sagace amministratore, che poteva sebbene anziano, continuare ancora validamente nella sua opera ed io proposi la sua riconferma a Podestà.
    Nella primavera del 1939 non riuscii più ad esimermi ed il 1° giugno fui nominato Commissario Prefettizio e dopo sei mesi Podestà.
    Nessuna carica, né politica ne amministrativa, avevo sino allora ricoperto ed il compito si presentava arduo quanto gravoso.

I COMPITI DEL PODESTA'

   Il Podestà:

- Era l' amministratore unico del Comune, con completa responsabilità decisionale ed esecutiva, mentre nel sistema democratico il Sindaco la condivide con la Giunta e  con il Consiglio;

- doveva provvedere alla gestione tecnica ed amministrativa del patrimonio silvo-pastorale delle frazioni ed al godimento, da parte della popolazione, dei diritti di rifabbrico, di pascolo e di legnatico, compiti  ora assolti dalle Regole;

- era obbligatoriamente presidente dell' Ente Comunale Assistenza (E.C.A), del Comitato Comunale dell' Opera Nazionale Maternità e Infanzia (O.N.M.I.), della Commissione edilizia, di quella delle licenze commerciali ed io assunsi anche la presidenza della Mutua Sanitaria Comunale da me istituita per una migliore e più generale assistenza medica, farmaceutica e ospedaliera;

- era presidente dei Consorzi intercomunali per le strade della Valle Visdende, per i servizi esattoriali e di tesoreria, per il veterinario e per la farmacia.

  Inoltre il Podestà del capoluogo del Comelico gli competeva l'iniziativa di curare gli interessi generali della zona.

I MIEI COLLABORATORI

   In primo luogo, il mio riconoscente pensiero va alla memoria del mio predecessore, il cav. Giuseppe De Mario, (era stato Sindaco dal 1906 al 1914 e Podestà dal 1931 al 1939) i suoi consigli, ricchi di esperienza, mi permisero di superare agevolmente le iniziali difficoltà.
    Mi fu particolarmente vicino il mio vice Podestà, l' amico sino dalla infanzia, Luigi Fontana prematuramente scomparso, e di cui merita pure ricordare l' opera quale agente della Banca Cattolica, dove ebbe modo di aiutare molti comelicesi quando difficoltà e disgrazie bussavano alle porte.
    Nelle frazioni di Campolongo, Costalissoio e Casada i miei fiduciari furono rispettivamente: il grande mutilato di guerra GioBatta Pomarè, GioBatta De Mario Caprin, e GioBatta Comis.
    Con la nomina di Commissari Prefettizi alle frazioni, nel dicembre 1941, (in applicazione della legge sugli Usi Civici) GioBatta Comis fu sostituito da Gilmo Mario, e G.B. De Mario Caprin da Giuseppe De Mario, omonimo e nipote dell' ex Podestà cav. De Mario, mentre Luigi Fontana e GioBatta Pomarè furono nominati Commissari Prefettizi delle loro frazioni.
    Con l'avvento dell'occupazione tedesca nominai un comitato consultivo di 12 membri per poter meglio assistere e guidare la popolazione attraverso le avversità dell'epoca.
    Trascrivo i nominativi dei fiduciari, dei Commissari frazionali e dei membri del Comitato Consultivo che si succedettero nel periodo della mia amministrazione.
    Date le molte omonimie che si riscontrano nei nostri paesi, per quelli ormai defunti segno l'anno di nascita e di morte.

   Fiduciari:

per Campolongo GioBatta Pomarè (1892-1955)
per Costalissoio GioBatta De Mario Caprin (1873-1953)
per Casada GioBatta Comis (1874-1950)

   Commissari frazionali:

S.Stefano - Luigi Fontana (1897-1952)
Campolongo - GioBatta Pomarè (1892-1955)
Costalissoio - Giuseppe De Mario
Casada - Gilmo De Mario

   dal 1944

S.Stefano - Emilio De Candido (1895-1953)
Campolongo - Emilio Grandelis (1895-1955)
Costalissoio - Giacomo Polzotto (1888-1973)
Casada - Gaetano Comis Da Ronco

   Consultori:

per S.Stefano:

Guido De Candido (1904-1967)
Giuseppe Zandonella Borc (1867-1950)

per Campolongo

Isidoro De Bernardin (1861-1945)
GioBatta Marta Bettina (1868-1949)
Ludovico Pomarè (1867-1950)

per Costalissoio

Gaspare De Mario (1886-1952)
Giovanni Pomarè Montin

per Casada:

Antonio Giuseppe Comis Da Ronco.

   A tutti va il mio grato ricordo, ma certamente spetta loro quello più importante di tutta la nostra gente che beneficiò della loro opera in tempi tanto difficili.
    Eguali sentimenti debbonsi manifestare ai funzionari, agli impiegati ed ai salariati del Comune.
    Ai Segretari Giovanni Feltrin, Nicodemo Caporale e Felice Larese, che affrontarono con me difficoltà ed avversità specialmente nel periodo dell'occupazione tedesca, al valente contabile del Comune, segretario dell' E.C.A. e dell' O.N.M.I. Corrado de Candido (1901-1963); al bravo Ufficiale dello Stato Civile cav. Giuseppe De Betta (1890-1969); all'applicato e segretario della mutua sanitaria Antonio Pellizzaroli; all'agente delle imposte di consumo e coadiutore per l'assistenza ai richiamati ed alle loro famiglie. Albano Pellizzaroli (1900-1966); alla abile dirigente dell'ufficio annonario Luisa De Zolt Soch (1914-1969), poi emigrata in Argentina ed ivi defunta, alle sue dipendenti Elda De Mario e Italia Pellizzaroli; al Messo comunale e poi guardia boschiva Giuseppe Buzzo Saler (1911-1972).
    All' équipe che provvide a tutte le complesse, numerose operazioni necessarie per le utiizzazioni boschive e per la segagione, dalla martellata delle piante effettuata dalla Milizia Forestale, alla consegna del segato agli Enti militari. L' équipe era formata dal competente direttore dell' ufficio del legname, Giannetto Fontana (1894-1961), dall'esperto Guido De Candido (1904-1967), dal Capo delle guardie Carlo Comis (1896-1946) coadiuvato dalle guardie: Natale  Pomarè (1889-1945), Giuseppe Quattrer, Fausto Casanova (1906-1972), Eugenio Pomarè, Attilio De Mario, Giuseppe Buzzo Saler (1911-1972), Luigi De Mario Sartor (1896-1950) e Lino De Candido (1897-1975).

I BILANCI COMUNALI

    I bilanci traducono in cifre l'opera dell'amministrazione.
    Normalmente l'attivo ed il passivo non differenziano granchè da un anno all'altro.
   Nel periodo della mia amministrazione anche le cifre ne rispecchiano l'eccezionalità.
    Anzichè illustrare i bilanci con molti numeri, credo di rendere più comprensibile l'andamento economico-finanziario con alcune considerazioni e precisazioni.
    Nel primo anno, la contabilità da rendiconto di due calamità, che colpirono il patrimonio forestale, negli anni successivi delle conseguenze dello stato di guerra.
    Si rileva che nei primi cinque anni, dal 1939 al 1943, si dovettero effettuare utilizzazioni boschive superiori al normale, circa mc. 35.000, mentre nel 1944 e '45 furono notevolmente inferiori, circa mc. 4.900, dei quali mc. 2.900 martellati nel secondo semestre 1945 quindi utilizzati nell'anno 1946. Media annuale di legname utilizzato mc. 5.357, quindi inferiore alla provvigione legnosa annua dei nostri boschi.
    Inizialmente furono effettuate vendite di piante in piedi, poi di tronchi a strada, dalla fine del 1942 vendite della produzione di tavolame, dal luglio 1944 al giugno 1945 le vendite furono sospese a seguito delle interruzioni delle comunicazioni.
    In questo periodo le uscite furono coperte con gli avanzi precedenti e nel secondo semestre 1945 si fece fronte con parte dei proventi di oltre 3.000 mc. di tavolame giacenti nelle segherie e con limitati tagli di boschi.
    Consistenti gli scambi di legname e di legna con generi alimentari specialmente cereali.
    I generi alimentari venivano ceduti alla popolazione a prezzo di costo ed anche a prezzi ridotti e gratuitamente.
  
Il patrimonio collettivo dei boschi e dei pascoli, come nel passato, quando le sciagure colpivano i nostri paesi  servì a soccorrere la povera economia privata.
   Questo attraverso l'assistenza, le provvidenze per l'agricoltura e chiuso il capitolo dei lavori pubblici per il divieto di nuove costruzioni, attraverso i lavori per le utilizzazione boschive, la segagione, i lavori di manutenzione e quelli a scopo assistenziale ed anche politico per evitare il più possibile di fornire mano d'opera all'organizzazione tedesca del lavoro la "Todt".
    La complessa attività svolta per la realizzazione delle entrate e per la loro utilizzazione è stata da me illustrata in una relazione in data 3 agosto 1945 n. 2442 di protocollo, presentata all'amministrazione eletta dai capi famiglia.
    Viene riportata nei dati conclusivi nei capitoli "Utilizzazioni boschive" e "Provvidenze per l'alimentazione e l'agricoltura".

* * *

    Rammento che nel 1927 il fascismo impose la unificazione del bilancio sociale comunale e dei bilanci frazionali.
    I criteri generali di amministrazione vennero uniformati, sia pure nell'ambito di nuove disposizioni, agli usi tradizionali risalenti alle leggi napoleoniche, che avevano abolito gli antichi ordinamenti del Cadore.
    Si può dire, che le consuetudini legate alla economia locale che si basavano consistentemente sulla proprietà collettiva silvo-pastorale ebbero sempre attuazione.

* * *

    Negli anni fra le due conflagrazioni mondiali , il bilancio comunale si finanziò annualmente con percentuali in media di circa il 70% per i proventi dalle utilizzazioni boschive, del 20% con interessi dei mutui attivi e di titoli dello Stato, del 10% con le imposte e tasse obbligatorie.
    Dall'inizio della guerra in relazione alla progressiva svalutazione della lira diminuì il valore delle percentuali per gli interessi attivi e per gli introiti delle tasse e imposte, aumentarono invece considerevolmente i proventi per le vendite di legname.
    Lo si riscontra negli importi di pareggio sempre maggiori dei bilanci preventivi che appresso riporto:
1939    £  1.361.039,62
1940    £  1.760.140,01
1941    £  1.889.568,02
1942    £  3.408.386,04
1943    £  4.267.399,96
1944    £  6.177.635,15
1945    £ 10.116.731,45
    Con il 1945 furono nuovamente adottati  i bilanci frazionali ed il bilancio sociale comunale quindi per detto anno venne esposta la somma dei cinque bilanci e cioè: bilancio sociale £. 3.509.530, bilancio frazione S.Stefano £. 2.317.988, 20, Campolongo  £. 2.372.385,20, Costalissoio £. 1.094.105,25,  Casada £. 822.722,80.
    Questi bilanci degli anni dal 1939 al 1945 furono caratterizzati da notevoli residui dovuti ai consistenti realizzi iniziali e poi a realizzi ritardati dipendenti dalla possibilità di entrate per le vendite di legname, come ho ormai specificato.

* * *

UTILIZZAZIONI   BOSCHIVE

   L' autorità forestale regolava il taglio dei boschi con i piani economici redatti dall' Ispettore Forestale dott. Giovanni Grilli, che permettevano utilizzazioni annuali per il nostro Comune sui 6.000 mc. per il Comelico e Sappada circa 20.000 mc.
    Detti piani risultarono manchevoli per troppo prudente limitazione nei tagli dei boschi, portandoli a dei parziali invecchiamenti e diminuendo conseguentemente la loro pregevole caratteristica di dissetaneità che è sempre fattore determinante della loro floridezza.
    Questo consentì alle Regole, nel dopoguerra utilizzazioni superiori al normale per eccesso di piante mature nella regolare migliore vegetazione forestale.

* * *

   Con l'imposizione fascista di un bilancio unico comunale risultò praticamente unificato anche il patrimonio silvo-pastorale delle frazioni.
    Nelle utilizzazioni cercai di mantenere il criterio di suddividerle proporzionalmente all'entità dei boschi delle singole frazioni, come sempre si era praticato.

* * *

   Nell'assumere l'incarico di Commissario Prefettizio trovai in corso di utilizzazione il taglio ordinario annuale per il funzionamento del bilancio ed il lotto di Col Chiastelin risalente al taglio dell'anno precedente 1938.
    Era previsto l'abattimento rispettivamente di n. 2.317 piante per una resa di circa 3.000 mc. e di 537 piante per mc. 530.
    Le aste erano state effettuate nel mese di marzo e si erano realizzati buoni prezzi sulle £. 200 al mc. in media per piante in piedi.

* * *

   Cause di forza maggiore mi costrinsero subito a provvedere a utilizzazioni straordinarie.
    Specialmente i boschi della Val Visdende, proprio nel corso del mese di giugno furono infestate dal bostrico calcografo. La Milizia Forestale ordinò l'abbattimento di tutte le piante colpite e l'abbruciamento di tutte le spoglie per stroncare la diffusione di questo insetto distruttore di boschi.
    Inoltre l' 8 agosto 1939 un violento uragano provocò altri ingenti danni, maggiormente nella Val Visdende.
    Risultarono utilizzate n. 2.550 piante colpite dal bostrico e n. 2.670 atterrate da vento per un totale di mc. 4.750 ivi compresi mc. 600 di tronchi con requisiti "avio".
    Si realizzarono buoni ricavi, £. 270 in media al mc. per i tronchi da commercio e £. 320 per quelli avio per legname allestito e disboscato.
    Per questi tagli straordinari si rileva che il numero delle piante utilizzate è superiore ai mc. di legname realizzato, mentre nei tagli ordinari da ogni pianta si ricava normalmente 1 mc. ed anche più di legname.

* * *

   La seconda conflagrazione mondiale, sebbene l' Italia avesse assunto la posizione di "non belligerante" produsse immediatamente conseguenze sull'andamento dei mercati in generale e provocò l'emanazione di provvedimenti straordinari interessanti in modo particolare la disciplina della produzione e dei consumi.
    La distinzione fra legname da commercio e legname con requisiti "avio"
e "marina" ne fu un primo effetto.
    Il Ministero dell' Aeronautica, seguito successivamente dal Ministero della Marina ottennero l'assegnazione dei tronchi migliori e ne richiesero la cessione a mezzo determinate ditte, le quali a loro volta dovevano consegnare il fior fiore della produzione del segato a prezzi fissati.
    L'incognita dell'entità dei prelievi di tronchi per l'aviazione e per la marina, impedì il normale svolgimento delle aste di piante in piedi.
    Attraverso convegni con le autorità prefettizie, del Consiglio Provinciale delle Corporazioni, forestali e militari, superando non lievi difficoltà, si riuscì ad ottenere che fossero le Ditte deliberatarie delle aste a consegnare la produzione di segato con requisiti avio e marina. Fu però fatto obbligo che la segagione venisse effettuata in segherie autorizzate.
    All' uopo fu creato dagli industriali del legno il Consorzio Avio alle cui segherie pervennero tutti i tronchi scelti.
    Successivamente quando il Comune effettuò la segagione per proprio conto, partecipò al "Consavio", adottando la deliberazione n. 92 del 3 agosto 1942.
    Le aste poterono continuare regolarmente consentendo ai Comuni di realizzare prezzi vantaggiosi secondo l'andamento del libero mercato del legname.

* * *

   Avvenuta la partecipazione dell'Italia al conflitto ebbe inizio il calmieramento dei prezzi ed il Consiglio Provinciale delle Corporazioni stabilì i prezzi di vendita del legname.
    La ferrea legge economica della domanda e dell'offerta, portava però gli industriali  del legno, al fine di aggiudicarsi le aste delle piante, ad offrire prezzi superiori non più in relazione ai prezzi fissati per la vendita del tavolame.
    Vennero presi provvedimenti per la disciplina delle aste e fu imposta una scheda d'ufficio, da compilarsi al momento dell'asta di concerto fra l'autorità comunale e un rappresentante della Prefettura, tenendo conto dei prezzi di stima forestale.
    Incominciò una difficile azione per mantenere il più elevato possibile il prezzo del macchiatico.
    Mi fu di giovamento l'esperienza acquisita nella utilizzazione in economia delle piante bostricate e atterrate dal vento, che mi consentì di sostenere, con dati di fatto, i costi di allestimento e di disbosco, in confronto ai dati esposti dai commercianti, sempre maggiorati, allo scopo inverso di ridurre il più possibile il prezzo del macchiatico.
    Più difficile mi fu contestare i costi della segagione e i dati della resa del segato.

* * *

   Per detto motivo maturò in me la decisione di effettuare anche la segagione per conto del Comune.
    Ne vedevo inoltre il vantaggio, perchè la segagione ed una sia pur limitata stagionatura del tavolame avrebbero consentito di ritardare la vendita del legname almeno per un anno e non era difficile prevedere una progressiva svalutazione della lira a seguito degli eventi bellici e conseguentemente l'aumento di tutti i prezzi.

* * *

   Si cercò di effettuare le utilizzazioni nelle località più lontane e di limitarle per quanto possibile.
    Per esempio nel 1943 le autorità militari, attraverso la Prefettura chiesero il taglio di mc. 16.000 che fu ridotto alla metà con l'aiuto della forestale. Era allora Capo del Ripartimento il dott. Giovanni Doriguzzi.
    Furono fatti anche tagli di piante di faggio e di pino, onde soddisfare i diritti di legnatico e successivamente per scambi con cereali.
    Utilizzazioni in zone impervie, vennero pure eseguite da intraprendenti paesani e la legna fu acquistata a prezzi di mercato.
    Limitate utilizzazioni furono necessarie a seguito dei lavori per le fortificazioni del famoso "Vallo Littorio"*  ed il legname ricavato fu dovuto cedere, generalmente a prezzi convenienti, alle imprese che eseguirono detti lavori.
(*opere difensive alpine)

* * *

   A seguito delle richieste di legname da parte delle autorità militari, nell'autunno 1940 si procedette alla vendita delle piante del taglio ordinario per il bilancio 1941. Furono abbattute n. 3.894 piante per circa mc. 4.500 che furono venduti all'asta alla fine del mese di luglio con ricavato medio di £. 260 al mc. per piante in piedi.
    Nell'aprile 1941 fu chiesta la martellata per il taglio ordinario 1942 di circa mc. 4.000 che furono venduti all'asta alla fine del mese di luglio con ricavato medio di £. 270 al mc. sempre per piante in piedi.

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   All'inizio dell'anno 1942 dal Genio Navale fu chiesta al Comune, con carattere di urgenza, la fornitura di mc. 700 di tronchi per la marina.
    All'uopo fu provveduto ad una martellata nelle località Coltrondo e Val del Lovo vicino alla strada nazionale.
    Il 2 luglio si ebbe un convegno, al quale partecipai per incarico del Prefetto, presso il Comando di Legione della Milizia Forestale a Trento, con l'intervento di un ufficiale superiore del Genio Navale di Milano.
    Fu concordato il prezzo di £. 650 al mc. per tronchi a strada camionabile.
    Sui mc. 838,407 abbattuti, soltanto mc. 221,709, furono scelti ed i restanti mc. 616,698 venduti all'asta con un ricavo di £. 339,50 al mc., per tronchi posti a strada.

* * *

   Nella primavera pervennero altre richieste per approvvigionamento di legname speciale all' aeronautica e ala marina. La Milizia Forestale provvide alla martellata di n. 14 lotti boschivi.
    In data 6 giugno adottai delibere per provvedere direttamente con affidamento del taglio, allestimento e disbosco a compagnie di operai locali.
    Con delibere n. 231 e 238 in data 1 e 14 agosto 1942 diedi attuazione al mio proponimento di effettuare anche la segagione per conto del Comune. Furono appaltati i trasporti dei tronchi alle segherie e furono stipulati contratti di segagione con le ditte De Zolt Aurelio, De Mario Giuseppe e Giacobbi Orlando.

* * *

   Fu veramente gravoso il compito che mi ero assunto, tanto che dovetti abbandonare l'attività privata e cedere la gestione del mio caffè-bar con conseguente non lieve danno economico.

* * *

   La delibera n. 64 del 27 maggio 1944 riporta il rendiconto della produzione 1942 ed illustra i vantaggi conseguiti con la segagione che trascrivo:
- la misurazione effettuata sul letto di caduta per il pagamento delle lavoranzie alle compagnie degli operai riscontrò mc. 7.615,639 di tronchi da commercio e mc. 941,423 di tronchi avio e marina, complessivamente mc. 8.557,062;
- la misurazione fatta per la consegna del legname alle segherie, al consorzio avio ed alla marina riscontrò complessivamente mc. 8.318,237 con una differenza in meno di mc. 238,825 da addebitarsi alle rotture dovute al disbosco, che per alcuni lotti fu particolarmente difficoltoso ed oneroso;
- se però le piante fossero state vendute in piedi gli sconti previsti dal capitolato forestale di appalto per gli zocchi e i cimali, rotture e difetti avrebbero comportato un abbuono di mc. 564,984, quindi una perdita di oltre il doppio;
- la resa del segato fu del 78,8%, veramente soddisfacente dato che dalla massa cubica dei tronchi ben 941,423 mc. pari ad una percentuale dell' 11,4% del fior fiore dei medesimi era stato prelevato per l'aviazione e la marina;
- il ricavato medio al mc. ragguagliato a prezzo di macchiatico fu di £. 396,91 mentre il prezzo  medio stimato dalla milizia forestale era stato di £.331,23;
. il tavolame fu ceduto per l'esercito alla Direzione di Artiglieria del XI Corpo d'Armata di Udine, per la marina ai cantieri navali di Monfalcone, i tronchi avio al "Consavio", i tronchi marina alla ditta fratelli Viscardi di Milano, designata dal Ministero della Marina;
- considerevole inoltre il vantaggio che ne ebbe l'economia generale del Comune, perchè tutte le lavoranzie, i trasporti e la segagione avvennero con appalti diretti, senza intermediari, alle compagnie di operai, ai trasportatori ed alle segherie locali;
- un ulteriore importante indiretto vantaggio risultò dal fatto che avendo in atto la segagione potei oppormi con successo ad assegnazioni di piante in piedi ad enti militari e per essi designate.

* * *

    L' 8 aprile 1943 in un convegno in Prefettura con i rappresentanti dei Cantieri Navali di Monfalcone e del Genio Militare di Peschiera presentai le mie dimissioni rifiutandomi di deliberare la concessione di un ingente quantitativo di legname in piedi al prezzo al prezzo di £. 250 al mc.
    Fu poi accettata una mia proposta alternativa di cedere ai detti enti la produzione del tavolame a prezzi di listino.
    Questa soluzione fu possibile perchè ebbi la comprensione del Prefetto Bellini e l'appoggio del vice Prefetto Vicario comm. Silvetti, del quale desidero ricordare il molto bene che fece alla nostra provincia nel periodo dell'occupazione tedesca.
* * *

    Nel frattempo il Consiglio Provinciale delle Corporazioni modificò con un aumento del 61,7% il listino dei prezzi del legname.
    Riceveva conferma la bontà della mia decisione di effettuare la segagione per conto del Comune, altrimenti il maggior ricavo sarebbe andato a beneficio delle ditte assegnatarie delle piante in piedi per conto degli enti militari, come avvenne per i Comuni che non effettuarono la segagione in proprio.

* * *

    Nel 1943 furono utilizzati mc. 7.948,254 come da misurazione sul letto di caduta per il pagamento delle lavoranzie alle compagnie di operai.
    La misurazione di consegna alle segherie ed a strada, per i tronchi avio e marina risultò di mc. 7.802,739, con una limitata perdita di mc. 145,785, per le inevitabili rotture verificasi nel disbosco.
    La resa del segato fu del 78,64% veramente ottima perchè la massa cubica dei tronchi era stata scremata di mc. 1.205,844  ossia del 15,3% del legname migliore destinato agli usi speciali militari.§
    Non è possibile stabilire complessivamente in cifre il totale utile avuto effettuando la segagione.
    Risulta però dalla mia relazione , già ricordata, che a quella data erano state incassate £. 4.355.988,55 e che alla fine della guerra, nelle segherie esisteva ancora il seguente tavolame:
- mc. 1.000 di tavolame misurato e pagato dalla ditta Fratelli Viscardi;
- mc. 1.066 di tavolame misurato e non pagato dalla ditta Pasotti di Brescia (questa era stata designata a mezzo della Prefettura del Genio Militare);
- mc. 1.128,56 di tavolame disponibile  e mc. 68 di travature pure disponibili;
- mc. 331,131 di tavolame era stato utilizzato dal Comune e dalle frazioni.

* * *

    La Giunta popolare con delibera n.1 del 25 giugno 1945 aveva chiesto alla Prefettura l'annullamento dei contratti di vendita di legname per esigenze belliche e successivamente, per evitare vertenze giudiziarie con delibere:
- n. 22 dell' 8 agosto 1945 transava con la ditta Fratelli Viscardi dietro versamento di £. 1.350.000 a titolo di maggiorazione prezzi;
- n. 41 del 20 luglio 1946 transava con la ditta Pasotti di Brescia consegnando alla stessa mc. 597,622 contro un versamento di £. 4.036.500;
- mentre mc. 462 di tavolame già misurato per la ditta Pasotti essendo stato requisito dalla Armata Statunitense, con la transazione venne convenuto, che detto legname venisse considerato proprietà del Comune al quale spettava il pagamento da parte dell'Armata U.S.A.
    L'incasso fu di £. 850.000;
- n. 30 dell'aprile '46 transava con il "Consavio" con un versamento a titolo di maggiorazione prezzi di £. 280.000.
    Dei mc. 1.128,536 di tavolame e dei mc. 68 di travature rimasti disponibili sono stati utilizzati dal Comune e dalle frazioni, principalmente per scambi con generi alimentari, nonchè di mc. 330,131 nella maggior parte distribuiti alla popolazione, complessivamente mc. 1.526,667 se ne può tranquillamente valutare il valore al prezzo medio di £. 5.000 al mc. poichè parte fu ceduto al Consorzio delle Bonifiche Renane al prezzo di £. 5.700 al mc. quindi un valore totale di £. 7.633.335. 
    Ricapitolando la utilizzazione boschiva dell'anno 1943 di mc. 7.948,256 ha avuto i seguenti ricavi:
- incassi effettuati come da relazione 3 agosto
   1945 n. 2242 di prot.                                    £.  4.350.988
- incasso transazione fratteli Viscardi Milano     £.  1.350.000
- incasso transazione ditta Pasotti di Brescia     £.  4.036.500
- incasso transazione con il Consavio                £.    280.000
- incasso requisizione armata U.S.A.                 £.    850.000
- valore legname rimasto disponibile e legname
   utilizzato in loco     mc. 1.526,667 x 5.000 = £.  7.633.335
                                                                      ____________
                                                Totale              £. 18.505.823

- il costo lavorazioni boschive, trasporti,
  segagione e spese varie come risulta dalla citata
  relazione è stato complessivamente di             £.   2.252.984
    Si realizzo un prezzo di macchiatico di
£. 2.022,35, mentre il prezzo delle assegnazioni 
delle piante in piedi agli enti militari come ho
precedentemente riferito era stato stabilito in 
£. 250 al mc. che avrebbe dato un incasso di    £.  1.987.131
                                                                      ____________ 
                                        Maggior ricavo        £. 14.092.708

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    Questa disponibilità consentì al Comune ed alle frazioni di finanziare i bilanci degli anni 1944-45 usufruendo di limitate utilizzazioni boschive conservando piante in bosco vendute successivamente dalle Regole a prezzi post-bellici più che cinquantuplicati.
    Questo vantaggio non è materialmente calcolabile, ma è certamente l' utile maggiore derivato dall'aver effettuato la segagione anzichè aver venduto le piante in piedi.

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Nel chiudere questo capitolo è doveroso far risaltare, l'opera tecnica, amministrativa e di sorveglianza svolta con competenza, oculatezza e rettitudine, dal segretario Felice Larese, dal contabile Corrado De Candido, dal dirigente dell'Ufficio legname Giannetto Fontana, dall'esperto Guido De Candido, dal capo guardia Carlo Comis e dalle guardie comunali.
    La segagione comportò, anche per me, una ingente mole di lavoro adempiuto con zelo ed impegno nell'interesse del Comune.

LAVORI   PUBBLICI

   Nella relazione che normalmente alla fine di ogni ciclo amministrativo il Sindaco effettua è questo certamente il capitolo che può dare maggiori soddisfazioni, perchè illustra il lavoro più evidente e destinato a ricordare nel tempo la sua opera.
   Quando assunsi l'amministrazione del Comune speravo di poter realizzare di più in questo campo.
    Invece ben altrimenti ebbe a svolgersi la mia attività in conseguenza dei travagliati avvenimenti di quegli anni

* * *

   Trovai iniziate dal mio predecessore alcune opere che portai a termine.
    Era quasi terminato il nuovo pavimento della chiesa pievanale, inaugurato il 24 giugno 1939, costò complessivamente £. 21.726,20 spesa liquidata con delibera n. 255 del 30 dicembre 1939.
   Era in costruzione l'edificio che ospita il cinema-bar Piave e diversi uffici e destinato allora a casa del fascio e al dopo-lavoro con cinema e bar.
    Fu necessario effettuare perizie suppletive, per la sistemazione delle adiacenze e per gli impianti idraulici, igienici, di riscaldamento ed elettrici, occorse anche provvedere all'arredamento.
    La liquidazione finale per la costruzione dell'edificio e per la sistemazione delle adiacenze, fatta in sede di collaudo, comportò una spesa di £. 372.202 come da delibera n. 296 del 22 febbraio 1941.
    Con delibera n. 135 del 27 agosto 1940 fu liquidata la spesa per i lavori degli impianti sopra detti in £. 49.920,16.
    Con delibera n. 247 del 22 giugno 1941 fu liquidata la spesa per l'arredamento ed attrezzature degli edifici, del bar e del cinema in £. 68.626,97.
    Il costo complessivo fu di £. 490.749,13.

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   Erano stati preventivati, progettati ed appaltati dal cav. De Mario i lavori e l'arredamento per l'ammodernamento delle scuole elementari di S. Stefano.
    Furono compiuti nella stagione estiva e liquidati con delibere n. 84 e 85 del 5 giugno 1940 rispettivamente per una spesa di £. 42.390,50 e £. 50.261 in totale £. 92.651,50.
    Ritenni giusto provvedere anche all'ammodernamento delle scuole di Campolongo, Costalissoio e Casada, nella considerazione che il Comune amministrava pure il patrimonio di queste frazioni.
    Per lo stesso motivo predisposi la istituzione di un asilo infantile e di una scuola di cucito a Costalissoio, come esistevano a S. Stefano ed a Campolongo.
    Per Casada la spesa non sarebbe stata compatibile dato il limitato numero di bambini dai 3 ai 5 anni.
    Per Casada ritenni invece doveroso apporre due lapidi marmoree sulla facciata dell' edificio scolastico a ricordo dei caduti nella guerra 1915-18.
    L'ammodernamento ed il nuovo arredamento delle scuole di Campolongo costarono rispettivamente £. 76.221,71 e £. 49.339,20 in totale £. 125.560,91. Spese liquidate con delibere n. 160 dell' 11 aprile 1942 e n. 175 del 25 aprile 1942.
    La sistemazione ed il nuovo arredamento delle scuole di Casada, delle scuole e dell' asilo di Costalissoio, compreso l'acquisto di 140 mq. di terreno, che permise di ottenere maggior spazio per dotare l'asilo di un sufficiente cortile, costò complessivamente £. 110.291,71 spese liquidate con delibere n. 230 del 18 gennaio 1941 e n. 139 del 21 febbraio 1942.

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   Con delibere n. 17 del 3 febbraio 1940 per una spesa di £. 24.370,18 provvidi alla sistemazione dell'acquedotto di Casada. Furono pure eseguiti lavori per una migliore raccolta delle sorgenti che alimentavano l'acquedotto di Costalissoio.

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   Feci predisporre dall'ing. Mario Baratto un progetto per l'arginatura della sponda sinistra del Piave, a difesa della borgata e della spalla del ponte di Transacqua, arginatura che si rivelò provvidenziale nell'alluvione del 1966.
    I relativi lavori importarono una spesa di £. 63.805,30 liquidati con delibera n. 5 del 2 agosto 1941.

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   Con delibere n. 149 e 150 del 20 luglio 1939 e n. 233 del 7 dicembre 1939 provvidi alla sistemazione del cimitero militare ed alla liquidazione della spesa di £. 12.282,70.
    Al cimitero Militare, ha dedicato la sua opera l'amico e coetaneo Albano Pellizzaroli, per tutto l'arco della sua vita, nel curarne il migliore aspetto e conservazione.

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   Mi fu possibile predisporre ed effettuare i lavori per la costruzione della nuova sacrestia della chiesa pievanale, la spesa di £. 56.826,15 fu liquidata con delibera n. 213 del 4 agosto 1942.
    Certo più importante fu la delibera n.332 del 1° luglio 1941, con la quale accoglievo la proposta del Pievano don Germano Candeago, di sostituire i pilastroni della chiesa con colonne in marmo, proposta, che si può dire aveva ottenuto generali consensi.
    Don Germano lasciò la nostra Pieve nel mese di novembre del 1942 e fu sostituito da don Nicolò Bortolot, prematuramente scomparso, il quale continuò nell'azione per una migliore sistemazione della chiesa.
    Il costo delle colonne fu concordato in £. 40.000 con la ditta Donazan di Pove (Vicenza).
    Questo provvedimento permise alla fabbriceria di portare in porto nel dopo guerra, la fornitura di otto colonne con la limitata spesa di £.225.000.
    Spesa che in quel momento superava di poco il valore di una colonna.
    Il trasporto delle colonne da Pove a S. Stefano fu effettuato gratuitamente dai camionisti locali.
    Indubbiamente la sostituzione dei pilastroni con le colonne costituì la base per la successiva decorosa sistemazione della nostra bella chiesa pievanale.

* * *

   Disposizioni governative emanate poco dopo l'entrata in guerra dell'Italia vietarono l' esecuzione di lavori e di opere pubbliche che non avessero carattere di assoluta necessità.
    Pertanto dovetti limitarmi a predisporre lavori di manutenzione che si esplicarono specialmente in sistemazioni di strade, di corsi d'acqua, di frane e di interventi per migliorie agrarie e pascolive onde favorire la produzione agricola, che assumeva sempre maggiore importanza.
    Dopo l' 8 settembre 1943 si cercò di aumentare tutti questi lavori anche per giustificare la presenza in loco del maggior numero di operai, che altrimenti dovevano arruolarsi nella "Todt". Detti lavori furono progettati e sorvegliati per buona parte dal geom. Tullio Pellizaroli.

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   Desidero ora ricordare che il mio predecessore, cav. De Mario, aveva raggiunto un accordo con i Podestà degli altri Comuni del Comelico per la costruzione di una casa di ricovero.

    Ne era stato stabilito il finanziamento usufruendo anche del lascito "Talachini", (fu impresario che costruì la strada della Valle nel 1840), ed era stato scelto il posto, approvato dalla competente Commissione Provinciale, nelle adiacenze di S. Nicolò.
    L' ing. Mario Baratto che ne aveva avuto l'incarico aveva presentato il progetto.
    M' interessai subito per la realizzazione dell'opera, ottenendo un contributo di 150.000 lire dalla Magnifica Comunità di Cadore.
    Con delibera n. 207 del 7 dicembre 1940 prendevo atto del costo previsto nel progetto in £. 500.000, del suo finanziamento con £. 105.000 del lascito Talachini, £. 150.000 concessi dalla M.C. di Cadore e £. 245.000 da ripartirsi fra i comuni del Comelico secondo gli accordi intervenuti in relazione alle popolazioni ed alle distanze.
    Purtroppo le disposizioni governative che vietavano nuove costruzioni non permisero di attuare la lodevole opera.

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    Come Sindaco di S. Stefano, d'accordo con gli altri Sindaci del Comelico e Sappada, ripresi l'iniziativa negli anni 1951-56 allargandola ad una casa di cura e riposo.
    Si ottenne un nuovo contributo di £. 9.000.000, versato dalla M. C. di Cadore in due annualità e cioè £. 5.000.000 nel 1955 e £. 4.000.000 nel 1956 come risulta dai bilanci consuntivi di questi due anni. Il Comune di S Stefano costruì l'edificio (ora sede della fabbrica di occhiali TAL) e si ottenne anche un mutuo di £. 20.000.000, con il contributo dello Stato, per l'arredamento e l' attrezzatura, ma le successive amministrazioni non realizzarono più questa provvida istituzione.

* * *

    Rammenterò ancora cinque delibere di acquisto di beni di carattere patrimoniale o di interesse generale.
    Con delibera n. 96 del 1 giugno 1940 provvidi ad acquistare la casa della signora Marianna De Mario vedova del segretario comunale Paolo De Candido, per la somma di £. 36.000 per destinarla ad alloggio di famiglie indigenti.
    Con delibera n. 236 del 18 marzo 1941 acquistai dalla famiglia Barnabò di Auronzo un appezzamento di bosco di mq. 8.050 per un importo di £. 14.042.
    Con delibera n. 14 del 19 febbraio 1944 acquistai la pesa pubblica, dalla ditta Montini e Policarpo di Paderno. Fu consegnata dopo la fine della guerra.
    Con delibera n. 65 del 20 aprile 1940 sanzionai un accordo con la Telve per l'allacciamento telefonico delle frazioni di Campolongo e di Costalissoio ancora sprovviste di questo moderno mezzo di comunicazione.
    Con delibera n. 160 del 12 agosto 1939 impegnavo il Comune a partecipare, con un contributo di £. 70.000, alla spesa per la costruzione di una nuova caserma quale sede permanente di un battaglione.
    Presi questa decisione considerando i vantaggi che ne sarebbero derivati all'economia generale del paese, mentre l'autorità militare era incerta se costruirla a Sappada anzichè a S.Stefano.
    L'edificio fu costruito negli anni '40-'41-'42 e completato dopo la fine della guerra.
    Il contributo del Comune non fu più richiesto.

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    Infine ricorderò che per una alluvione avvenuta nel settembre 1942, quale presidente del Consorzio per le Strade della Valle Visdende dovetti provvedere a lavori di riparazione e di ricostruzione per una spesa complessiva di £. 160.166,22

ASSISTENZA  PUBBLICA

   Nei Comuni l'assistenza normalmente si svolge attraverso l' E.C.A. l'O.N.M.I., il Patronato Scolastico e con eventuali soccorsi straordinari.
    Attualmente per i regolieri vi sono particolari provvidenze da parte dello loro amministrazioni.
    Nel periodo bellico 1940-45, l'assistenza fu oggetto della massima cura.

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    Inizierò con la nota più dolorosa.
    Era compito del podestà e del segretario del fascio, comunicare alle famiglie la notizia della morte in guerra dei loro congiunti.
    Era un compito angoscioso. Ricorderò un solo episodio, l'annuncio ad una vedova della guerra 1915-18, la signora Luigia De Mario Bettina di Costalissoio, della morte di un suo figlio in Albania. Si assommava per questa madre, il dolore che da anni custodiva nel suo animo un nuovo annientamento nell'affetto, nell'amore il più bello, il più caro per un cuore materno.
    Persero la vita nella guerra:
Baldissarutti Livio, Buzzo Contin Celeste, Buzzetto Angelo, Buzzetto Luigi, Comos Da Ronco Angelo, De Candido Alberto, De Candido Florindo, De Candido Gino, De Mario Attilio, De Mario Augusto, De Mario Valentino, De Zolt Arnaldo, De Zolt Arturo, De Zolt Silvio, Doriguzzi Vincenzo, Fontana Ulisse, Mario Roberto, Pellizaroli Fabio, Pomarè Mario, Pontil Elio, Quagliotti Ernesto, Quandel Mario, Zaccaria Lucco Angelo, Zaccaria Lucco Zaccaria, Zandonella Elviro.
    Dispersi:
Bergagnin Arcangelo, Casanova Leo, Casanova Mansueto, Coluzzi Marcello, Comis Da Ronco Tommaso, Comis Da Ronco Vittorio, De Bernardin Augusto, De Fabbro Ennio, De Mario Sartor Giulio, De Mario Vittorio, De Zolt Bruno, De Zolt Marcello, Fontana Elio, Gaier Marino, Grandelis Arturo, Iorio Erasmo, Marta Sergio, Polzotto Leo, Somià Gino.
    Prigionieri di guerra:
Casanova Giuseppe, Comis Pietro, De Bettin agostino, De Mario Canzio, De Mario Valentino De Zolt Germano, De Zolt Giovanni, Guerra Loris, Mario Celso, Marta Igino, Marta Rino, Pomarè Angelo-1913, Pomarè Angelo fu Lodovico, Pomarè Ernesto Doc, Pontil Celso, Somià Agostino, Zaccaria Ernesto, Zaccaria Eugenio.
    Elenco degli Internati Militari in Germania:
Baldissarutti Eriberto, Baldissarutti Luigi, Bergagnin Bruno, Bergagnin Fiore, Buzzo Piazzetta Gino, Casanova Fulvio, Casanova Annibale, Casanova Bruno, Casanova Giovanni, Casanova Zito, Comis Antonio, Comis Lucinio, Comis Osvaldo, Comis Vincenzo, Comis Virginio, Comis Vittorio, Coluzzi Limito, Coluzzi Lino, Daria Silvio, De Bernardin Giuseppe, De Bolfo Agostino, De Lenart Maurilio, De Lenart Vito, De Mario Evaristo, De Mario Igino, De Mario Giacomo, De Mario Giuseppe, De Mario Marino, De Mario Rodolfo, De Martin Madolado Lino, De Martin Madolado Luigi, Doriguzzi Aurelio, Doriguzzi Gabriele, Doriguzzi Vincenzo, De Zolt Beltrando, De Zolt Tiberio, Fontana Ennio, Fontana Guido, Fontana Ettore, Gaier Dante, Grandelis Lino, Marta Elio, Marta Quirino, Marta Erminio, Marta Pietro, Pellizzaroli Aldo, Pomarè Giordano, Pomarè Nello, Pomarè Fiorenzo, Pomarè Federico, Pomarè Emilio, Puliè Giovanni, Somià Giacomo, Spartani Gabriele, Zaccaria Antonio, Zaccaria Igino, Zaccaria Zaccaria.
    Il Comune contribuiva e si interessava per tutta l'assistenza svolta nei confronti dei combattenti, dei prigionieri e delle loro famiglie, alla quale accudì il contabile Corrado De Candido come segretario dell' E.C.A. e dell'O.N.M.I. coadiuvato da Albano Pellizzaroli.
    Scriverò nella parte di questa narrazione dedicata all'occupazione tedesca, l'assistenza svolta in favore degli internati nel  campo di concentramento nazista di Bolzano.

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    Molto intensa è stata l'assistenza ai bambini e ai ragazzi, specialmente per ovviare alle deficienze alimentari.
   Venne effettuata attraverso l' O.N.M.I., il Patronato Scolastico e con distribuzioni, negli asili e nelle scuole, di ricostituenti e maggiormente con la refezione scolastico.
    Nel periodo estivo l'assistenza continuava con le colonie elioterapiche, realizzate negli edifici scolastici
    A questa assistenza si dedicò con spirito di grande abnegazione tutta la classe insegnante.
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    Molto mi adoperai per l'assistenza sanitaria, poichè le mutue per le malattie non esistevano.
    Trovai un numeroso elenco dei poveri, ma una limitata assistenza agli iscritti e per gli altri un'assistenza saltuaria accordata solo nei casi gravissimi.
    Il medico e le levatrici erano scontenti perchè per i molti iscritti nell'elenco dei poveri la loro opera doveva venire praticata gratuitamente.
    Decisi di istituire una mutua sanitaria comunale, con tre categorie di soci.
    Annualmente gli abbienti pagavano £. 10 per persona, il ceto medio £. 20 per famiglia, gli altri £. 5 per tutta la famiglia.
    Per i mutuati veniva garantito il pagamento dei medicinali e delle ospedalità quando non ne avessero avuto la possibilità.
    Vennero concordati compensi forfettari al medico e alle levatrici.
    Fu così possibile ridurre l'elenco dei poveri ai veramente indigenti assistiti dall'E.C.A..
    Il Comitato che amministrava la mutua dovette però sobbarcarsi un lavoro difficoltoso e si può dire ingrato, prima con l'assegnazione della popolazione alle previste tre categorie di soci, poi bimestralmente nell'esame dell'assistenza farmaceutica e ospedaliera, che veniva accordata quando la malattia incideva sull'economia familiare degli assistiti.
    Fecero parte del Consiglio della Mutua Sanitaria i signori:
dott. Lino Da Vià, medico condotto
Luigi Fontana (1897-1952)
Corrado De Candido (1901-1963)
Ireno Baldissarutti (1878-1952)
Gio Batta Pomarè (1892-1955)
Gio Batta de Mario Caprin (1873-1950)
Gio Batta Comis (1874-1950)
Segretario l'applicato Antonio Pellizzaroli, Presidente lo scrivente.
    Ho voluto ricordare anche questi miei collaboratori, perchè la loro opera gratuita, svolta con scrupolo è stata un esempio di virtù civica e si può dire di carità umana.
    Personalmente ho sempre cercato di operare con equità, ma poichè e sempre difficile stabilire lo stato di bisogno e siccome " errare humanum est" spero di aver errato nel concedere l'assistenza anzichè nel negarla.

PROVVEDIMENTI PER L'ALIMENTAZIONE E PER L'AGRICOLTURA

   Sappiamo come gli eventi bellici cagionano sconvolgimenti nei sistemi economici e negli scambi commerciali: Specialmente accentuate ne furono le conseguenze nella guerra 1940-45, per la totale sospensione dei traffici marittimi e dei relativi rifornimenti.
    Immediatamente, anzi ancora prima della partecipazione dell'Italia alle ostilità, furono emanate norme per il razionamento ed il tesseramento dei generi alimentari di prima necessità, che man mano si estero includendovi infine i tabacchi e quanto principalmente occorre per l'abbigliamento.
    Sebbene le disposizioni fossero rigide e fossero applicate severamente con sequestri, ingenti pene pecuniarie, arresti e detenzioni, si sviluppò il "mercato nero" di ogni genere di merce sottratta all'ammasso per venderla a prezzi superiori sempre più differenziati dai prezzi legali.
    I rifornimenti venivano predisposti dalla Sezione Provinciale della Alimentazione (Se.Pr.Al.) in base alle tessere rilasciate in ogni Comune a tutti gli abitanti.
    Le tessere avevano dei bollini per il prelievo di ogni genere alimentarie e quanto altro razionato.
    I bollini dovevano venire ritirati dai negozianti e portati periodicamente all'ufficio annonario a giustificazione delle assegnazioni di merce.

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    Specialmente difficile venne a trovarsi la situazione della montagna, che essendo considerata alla stessa stregua delle zone di campagna di pianura non beneficiava di nessuna distribuzione di generi alimentari extra tesseramento, come avveniva invece per le città.
    Nel giugno 1942 vi fu in municipio una protesta di donne le cui famiglie avevano esaurito le scorte di patate.
    Risultò subito l'importanza della locale limitata produzione agricola, consistente principalmente nei prodotti della zootecnia e nella coltivazione delle patate ed adottai vari provvedimenti  per il suo incremento.
    Furono concessi premi per gli allevamenti bovini, furono fatte distribuzioni di concime, di sementi foraggere e di patate per la semina, furono concessi in uso terreni pubblici incolti a coloro che non ne possedevano e furono acquistati e concessi in uso aratri e erpici.
    Furono poi integrati con contributi i prezzi che lo Stato pagava per gli animali che dovevano venire conferiti all'ammasso e per il latte distribuito alla popolazione.
    Nella sempre maggiore deficienza e difficoltà di approvvigionamenti  ripresero sviluppo le colture della passata autarchia economica dei nostri paesi, quando per le difficili comunicazioni, erano quasi isolati dal mondo.
    Aumentò l'allevamento delle capre e delle pecore specialmente per la lana.
    In primavera i fiori delle coltivazioni nei campi, chiazzarono nuovamente con i loro vivaci colori, il verde manto del Comelico.
    Strano contrasto con il grigiore dei tempi, con la tristezza degli animi per i figli ed i parenti lontani in guerra o prigionieri, per l'incertezza del domani.
    Come nel passato, il patrimonio collettivo dei pascoli e dei boschi costituì una provvidenziale risorsa, una integrazione della povera economia privata.
    Gli interventi aumentarono dopo l' 8 settembre 1943.


* * *

    Con l'occupazione tedesca la provincia di Belluno fu unita alle province di Trento e Bolzano sotto l'autorità dell'Alto Commissario delle Prealpi di Bolzano.
    Dalle autorità tedesche si poterono ottenere autorizzazioni di acquisti di cereali nella Repubblica di Salò.
    La relazione, già ricordata nel capitolo "Bilanci comunali" dà pure dettagliato rendiconto dell'impegnativo lavoro svolto in questo campo.
    Complessivamente, extra tesseramento furono distribuiti alla popolazione q.li. 1.315 di frumento e q.li 443,30 di granoturco.
    Anche dopo la liberazione la Giunta Popolare del C.L.N. alla quale feci parte come vice Sindaco e poi l'amministrazione eletta dai capi famiglia alla quale pure partecipai, continuarono ad interessarsi degli approvvigionamenti aumentando la gamma dei generi alimentari da distribuire alla popolazione.

* * *

    Nel 1944 per i bombardamenti aerei e per lo svilupparsi della lotta fra le forze della resistenza e quelle tedesche, i trasporti ferroviari si fecero sempre più difficili e aleatori ed egualmente quelli su strada a seguito specialmente della distribuzione dei ponti.

* * *

    Nel gennaio 1944 il comm. Lucio Lozza, Presidente della Magnifica Comunità di Cadore presentò le dimissioni e quale vice Presidente ressi la presidenza fino alla liberazione.
    Alla fine dell'estate del 1944 non fu più possibile effettuare neppure i trasporti da Belluno dei viveri del tesseramento.
    La M.C. di Cadore ottenne dall'Alto Commissario delle Prealpi, che il Cadore venisse rifornito dalla Sepral di Bolzano anzichè da quella di Belluno.
    Questa concessione fu vantaggiosa oltre che per le relativamente migliori comunicazioni con l'Alto Adige, anche perchè il razionamento dei generi alimentari goduto dalla provincia di Bolzano, che fu esteso al Cadore, era alquanto  maggiore di quello praticato per la provincia di Belluno.

* * *

    Fu nominato un Commissario per l'Alimentazione nella persona del benemerito compianto cav. rag. Antonio Simonetto, Commissario Prefettizio del Comune di Pieve. Egli, conoscendo bene la lingua tedesca fu pure il principale interlocutore con l'Alto Commissario di Bolzano nel sostenere le esigenze ed i bisogni del Cadore.
    Presso la Magnifica Comunità venne istituita una Sezione Autonoma dell'Alimentazione che provvide al ritiro dei generi tesserati ed alla loro distribuzione ai Comuni.
    Le ditte Passuello Genova & C. e Italo Da Vià  misero a disposizione i loro magazzini, le loro attrezzature, il loro personale ed i titolari prestarono a loro opera nel lavoro direttivo.
    Segretario della Sezione Autonoma fu nominato il Segretario comunale Silvio Cattaruzza.
    Ai trasporti sempre pericolosi per i bombardamenti aerei e per altri motivi di ordine bellico collaborarono diverse imprese. Del Comelico gli autotrasportatori Guido Petris, De Mattia e Comis, Oreste Zambelli Pais, Emilio De Lorenzo Poz, Edoardo Costan.

* * *.

    Nella veste di Presidente della M. C. di Cadore, con il cav. Gio Batta Menegus, Segretario Comunale di San Vito di Cadore, provvidi particolarmente alle trattative ed all'organizzazione dei rifornimenti di cereali che abbiamo potuto procurare nelle Province Venete soggette alla Repubblica di Salò.
    Di maggiore importanza furono gli scambi di legname con cereali, ragguagliati ai prezzi dei listini, concordati con il Comune di Adria.
    Degli approvvigionamenti extra tesseramento riferirò ulteriormente nel capitolo riguardante l'occupazione tedesca.

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    Maggiormente precario e difficile era il rifornimento del sale e dei tabacchi ed in questo campo si sviluppò un fiorente mercato nero che portò il prezzo del sale da 50 centesimi a £. 300 il kg., con un aumento del 600%.
    Per la mancanza del sale diverse donne vennero a protestare in Municipio.
    Un notevole rifornimento di ql. 200 di sale fu fatto dall'autotrasportatore Guido Petris con un ardimentoso viaggio compiuto a Trieste.
    Chi ricorda o chi potesse consultare qualche pubblicazione sulle lotte cruente sostenute nel Friuli Venezia Giulia fra partigiani e i tedeschi e delle conseguenze che ne derivarono sullo svolgersi di ogni attività potrà farsi un quadro dei rischi e dei pericoli affrontati da Guido Petris e dal suo compagno di guida.

* * *

    La Magnifica Comunità garantiva ai camionisti che trasportavano i rifornimenti di viveri il risarcimento di danni o di perdite di mezzi di trasporto, ma non soltanto questi erano in pericolo, lo era anche la vita degli autisti che coraggiosamente continuarono a svolgere la loro attività.

* * *

    La M. C. di Cadore dovette pure provvedere al servizio postale. Da metà ottobre 1944 fu dato incarico a Benvenuto Bianchi di pieve di provvedere con un camioncino al trasporto della posta da Belluno a Pieve due volte la settimana, con il compenso di £. 1.000 il viaggio.
    Da S.Stefano a Pieve assolse questo compito con cavallo e carrozza, Giuseppe Buzzo Saler, padre dell'omonimo messo comunale.

I  PROMISCUI  DELLA  VALLE  VISDENTE

   Della vertenza dei promiscui della Val Visdende, ho scritto ampiamente nelle  mie "Notizie storiche del Comelico", qui aggiungo soltanto che il mio predecessore aveva avuto incontri  ed avviato trattative con i colleghi di S. Pietro e Danta per concludere la vertenza:
    Trattative con la collaborazione del cav. De Mario erano state portate in porto e sanzionate con delibera n. 1 del 5 gennaio 1940.
    Gli accordi però rimasero nuovamente senza esecuzione a causa della guerra.

LA CAUSA FRA IL COMUNE E LE FRAZIONI PER IL PATRIMONIO SILVO - PASTORALE

   Ancora nei primi tempi dell'assunzione dell'incarico a capo del Comune dovetti occuparmi di questa scabrosa vicenda.
    Esaminai la pratica e constatai come il mio predecessore e gli altri Podestà del Comelico, avevano sempre sostenuto la patrimonialità comunale dei boschi e dei pascoli.
    Questo risulta particolarmente, da un memoriale inviato al Prefetto, per l'inoltro al Governo, in data 23-12-1938, firmato dai Podestà dei cinque Comuni del Comelico.
    In data 2 gennaio 1939, registrata al n. 294 di protocollo pervenne al Comune la lettera appresso trascritta:

R.Prefettura di Belluno

N. 186 - Div. III.

    Oggetto: memoriale dei Podestà del Comelico circa l'appartenenza dei boschi ai Comuni e non alle Regole.

All'On. Ministero dell' Agricoltura e delle Foreste. Direz. Gen. Agricoltura - Uff. Spec. Demani e Usi Civici - ROMA;

    e per conoscenza:

All'On.le Ministero dell'Interno - ROMA;

Al' On.le Ministero delle Finanze Commissione Centrale per la Finanza Locale- ROMA;

All'On.le  Ministero dell'Agricoltura e delle Foreste - ROMA;

Al Commissariato per la liquidazione degli Usi Civici - TRIESTE;

Al Podestà di SANTO STEFANO.

    Pregiomi trasmettere l'unita copia del memoriale dei Podestà di S.Stefano, di San Pietro, di Comelico Superiore, di San Nicolò e di Danta per notizia.
    I Podestà vorrebbero dimostrare che vi è tutto l'interesse della selvi-coltura, delle finanze comunali e della generalità degli abitanti, perchè sia conservata l'appartenenza ai Comuni dei terreni attualmente posseduti dai Comuni stessi, quali legali successori delle cessate "REGOLE".
                                                                                                            Il Prefetto
SILVETTI

    Con nota n. 294 di prot. in data 25 gennaio 1939 il cav. De Mario ne trasmetteva copia ai colleghi del Comelico.

* * *

    La unificazione dei bilanci frazionali e del bilancio sociale in un unico bilancio comunale, avvenuta per disposizione prefettizia nell'anno 1927, fu accolta in Comelico, ed egualmente nel rimante Cadore con viva ostilità. Effettivamente veniva interrotta una antica tradizione, legata alle proprietà collettive esistenti, riconosciute e rispettate da secoli.
    A. S. Stefano ebbe inizio un'azione di rivendicazione degli antici originari, ne furono promotori Emilio De Candido (1897-1953) Odorico De Mario (1889-1939) e Bortolo Puliè (1894-1935) i quali ebbero poi la adesione dei rappresentanti di tutte le altre Regole del Comelico, unitamente al dott. Giovanni Doriguzzi di Danta, il quale nella tesi di laurea alla Facoltà Agraria di Firenze aveva compiuto un approfondito studio sulle Regole del Comelico.

* * *

    Il regime fascista, autoritario ed accentratore, era logicamente contrario all'istituzione di amministrazioni separate frazionali, ma anche localmente vi era una corrente contraria.
    Questa sosteneva che i beni in contestazione oltre andare a beneficio dei singoli, avevano sempre servito nell' interesse generale e per i servizi pubblici e riteneva che il Comune potesse provvedervi con criteri più ampi e più uniformi.

* * *

    Mi trovai così a dover decidere se resistere o meno contro la citazione del Commissariato degli Usi Civici di Trieste.
    Decisi affermativamente per due motivi:
-    primo perchè questa era stata la linea di condotta sostenuta dai Podestà del Comelico e ritenni di non avere la competenza per poter assumere la responsabilità di adottare una decisione diametralmente opposta;
-    secondo perchè una sentenza della Magistratura avrebbe stabilito definitivamente la titolarità della proprietà dei boschi e dei pascoli, chiudendo una disputa risalente ai provvedimenti legislativi ed amministrativi del dominio Napoleonico che si conclusero con il regio decreto del 25 novembre 1806 che richiamava in amministrazione dei Comuni e delle frazioni i beni già in proprietà delle Associazioni degli antichi originari, ossia i beni delle Regole.
    Inoltre è da tener ben presente che la legge sugli Usi Civici del 16 giugno 1927 n. 1766 in base alla quale era istruita la causa stabiliva che sia gli originari come i sopravvenuti con domicilio e residenza nel Comune godessero dei diritti di uso civico, non contemplava quindi speciali diritti per i regolieri.
    Perciò allora la vertenza riguardava unicamente il diritto di proprietà dei beni collettivi, ossia praticamente se dette proprietà dovessero venire amministrate dal Comune o dalle Frazioni.


* * *

    A richiesta del Commissariato degli Usi Civici di Trieste, con decreto Prefettizio dell' 8 luglio 1940 n. 811 vennero nominati rappresentanti legali delle frazioni:

    Emilio De Candido
    Galliano Quattrer
    Giacomo Polzotto
    Gaetano Comis Da Ronco

* * *

    La sentenza del Commissario degli Usi Civici di Trieste, favorevole alle frazioni, fu confermata dalla Corte di Appello, Sezione speciale per gli Usi Civici di Roma.
    Conosciuta la sentenza rinunciai al ricorso in Cassazione, invece convocai i capi famiglia del Comune ad una riunione presso il dopo-lavoro, essendo stata la sala consiliare del Municipio adibita ad ufficio annonario.
    Informai i capi famiglia dell'esito della causa e offrii le mie dimissioni da Podestà, in quanto non essendo originario, poteva essere legittimo richiedere che così ingente patrimonio fosse amministrato da un regoliere.
    Le mie dimissioni furono unanimemente  respinte ed a questa dimostrazione di fiducia accettai di rimanere al mio posto.

* * *

    L'importanza della sentenza della Magistratura risulta maggiormente alla luce dei provvedimenti legislativi riguardante le Regole o Comunioni Familiari maturati successivamente ossia:

-    la legge del 3 maggio 1948 n. 1104, che riconosce alle Regole del Cadore, e stabilisce che i particolari diritti di pascolo, legnatico e rifabbrico venissero goduti soltanto dalle famiglie regoliere;
-    l'articolo 34 della legge 25 luglio 1952 n. 991, che praticamente riconosce l'indipendenza delle Comunione Familiari da altri enti amministrativi e la funzione privata-sociale dei beni delle Regole;
-     gli articoli 10 e 11 della legge 3 dicembre 1971 n. 1102, che riconosce Enti di diritto privato le Comunioni Familiari e le dichiara non soggette alla disciplina della legge sugli usi civici.

* * *

    La promulgazione della legge del 1948 fu merito del Comitato dei Regolieri rappresentato, nell'azione svolta a Roma dal Presidente "protempore" della M.C. di Cadore, Attilio Monti, dal dott. Giovanni Doriguzzi e da Emilio De Candido, assistiti dal giurista prof. Guicciardi.
    Quello che non fu un facile successo evidentemente, fu reso possibile dalla sentenza della Corte di Appello di Roma che in applicazione delle legge sugli si Civici, nella conclusioni specifica:
    " i terreni suddetti di originaria appartenenza alle frazioni e gli altri che ad esse passeranno in seguito ad affrancazioni e per effetto dell' art. 25 saranno amministrate dalle medesime separatamente da altre, a norma della legge comunale e provinciale a profitto dei frazionisti qualunque sia il numero di essi"
mentre invece, in tutto il dispositivo, storicamente e giuridicamente,, dimostra ed afferma essere delle Regole e dei regolieri il diritto di proprietà dei terreni.
    Ciò fu certo determinante nella formazione della nuova legislazione.
    Pertanto si può rilevare che è ritornato indubbiamente utile alle Regole l'aver promosso il giudizio della Magistratura.
    Sia però ben chiaro, non affermo questo, per farmene merito, in quantochè nel 1939-40 quando decisi di resistere in causa i miei elementi di giudizio erano limitati secondo quanto ho esposto.

* * *

    Come ho precedentemente scritto, ancora prima della sentenza la Prefettura provvide alla nomina dei Commissari frazionali.
    I miei rapporti con questi furono sempre mantenuti su un piano di cordiale collaborazione nell'interesse del Comune e delle quattro frazioni.
    Dopo l' 8 settembre 1943, come ho ormai riferito parlando dei miei collaboratori, nominai un Comitato Consultivo di dodici membri fra i quali i Commissari Prefettizi frazionali e l'attività si svolse sempre di comune accordo.

L' OCCUPAZIONE TEDESCA

    Si arrivò all' 8 settembre 1943, che segnò l'inizio della rinascita dell' Italia attraverso sacrifici, drammatiche, tragiche vicende ed eroismi.
    Proprio in questo giorno mi trovavo in viaggio per Udine, per effettuare la liquidazione dei conti riguardanti il legname consegnato a quella direzione di Artiglieria dell' 11° Corpo di Armata.
    Alla stazione di Conegliano appresi della comunicazione radio dell'avvenuto armistizio. La notizia fu confermata nelle successive stazioni dai viaggiatori che salivano sul treno.
    Vi furono manifestazioni di incredulità, di esultanza, di preoccupazioni e di timori.
     Chi vedeva nell'armistizio solo la fine della guerra e dei bombardamenti aerei esultava, chi si rendeva conto che l'ex alleato nazista avrebbe reagito con ogni mezzo, comprendeva quanto ancora lungo sarebbe stato il calvario da percorrere.
    Giunsi nella notte a Udine e nella mattinata potei, concordando perfettamente la contabilità, effettuare la liquidazione del credito del Comune e fu subito predisposto il pagamento, che fu rimesso regolarmente alla tesoreria comunale.
    Se potevo essere contento di aver raggiunto lo scopo del viaggio, mi opprimeva il dubbio di non poter addirittura raggiungere la mia famiglia, di non poter ritornare a S.Stefano.
    Attraverso le linee militari potei avere una comunicazione telefonica col Municipio ed il "buon Corrado" mi tranquillizzò alquanto informandomi che nessun movimento di truppe tedesche era avvenuto nella nostra zona.
    Ripartii subito e verso mezzanotte arrivai a Belluno dove venni informato che il servizio per Calalzo era sospeso.
    Recatomi in prefettura non potei avere nessuna informazione riguardante il Comelico.
    Al mattino ebbi in stazione la consolante notizia che il servizio ferroviaria sarebbe stato ripreso.
    L'incertezza però predominava, si diceva che le truppe tedesche erano in arrivo a Calalzo, qui giunto si disse che erano in Comelico.
    Arrivato a S. Stefano trovai una situazione di ansiosa attesa e di disordine.
    Il Presidio militare si era disciolto, soldati, sottufficiali ed ufficiali erano partiti od erano in partenza.
    Provvidi immediatamente a far trasportare alla Cooperativa di consumo i viveri del presidio che ancora non erano stati distribuiti, per una più razionale e generale distribuzione a tutta la popolazione.

* * *

    Rimase a S. Stefano, essendo siciliano, il maggiore comandante del Presidio  con lui dovetti ricevere i primi ufficiali tedeschi, che arrivarono da Monte Croce il giorno 11. Presero cognizione della situazione, ripartirono e si fermarono a Pieve di Cadore.

* * *

    Da questi ottenni il primo permesso per acquistare e trasportare in Comelico cereali ed adottai relativa delibera n. 137 del 16 ottobre 1943.
    Detta delibera con l'approvazione della Prefettura e delle autorità tedesche, fu poi preziosa per superare le difficoltà opposte dalle Repubblica di Salò ai nostri rifornimenti e dare una certa sicurezza agli incaricati per il ritiro ed il trasporto dei cereali. Servì pure a far liberare Giuseppe Pellizaroli (1908-1957), arrestato da zelanti funzionari repubblichini mentre acquistava granoturco in provincia di Venezia.

* * *

    Inizialmente venne richiesto ad alcune ditte di fornire granoturco al Comune, ma soltanto Emilio De Candido e Gennaro De Pol importarono per il Comune rispettivamente q.li 166 e q.li 216 di granoturco.
    Si poterono portare in porto trattative con i Consorzi Agrari di Belluno e di Padova i quali fornirono q.li 740 di frumento, in cambio di legna e di un limitato quantitativo di patate da semina, richieste dalla Sepral per autorizzare lo scambio.
    Vi furono successivamente le forniture a mezzo della M.C. di Cadore che portarono i rifornimenti complessivamente, come ormai riferito, a q.li 443 di granoturco ed q.li 1.315 di frumento. I cereali furono distribuiti nelle frazioni a cura dei rispettivi rappresentanti nel Comitato Consultivo Comunale.
    Per seguire un certo ordine cronologico dirò più avanti di viaggi effettuati per questi rifornimenti ed anche delle difficoltà incontrate per i trasporti dei generi alimentari tesserati.

* * *

    Anche paesani, uomini anziani, donne e giovanotti intraprendenti, provvidero a rifornimenti per proprio conto effettuando pure scambi di legname con granoturco, viaggiando nella campagna veneta. A questo scopo il Comune distribuì tavolame alla popolazione. 
    Fecero lunghi viaggi, con mezzi di fortuna o trainando carretti carichi di tavole e nel ritorno qualche sacco di granoturco. 
    Affrontarono, oltre ai notevoli disagi i rischi che la precaria situazione comportava, non ultimo il pericolo di vedersi confiscare tutto dai militi repubblichini come purtroppo è anche successo.

* * *

    Venute a cessare le funzioni della Commissione Provinciale, che provvedeva all'ammasso degli animali da macello, venne compiuta una distribuzione di carne alla settimana.
    L'ingrato compito di reperire un capo di bestiame fu assunto dal bravo Emilio Grandelis.
    Dopo aver eseguito un censimento del bestiame nelle stalle, considerata la situazione di queste e delle famiglie proprietarie, ottenne sempre con la persuasione la cessione dell'animale richiesto.
    La limitata distribuzione di carne fu sempre regolarmente effettuata con preferenze per gli ammalati.

* * *

    Anche nei riguardi dell'istruzione pubblica si cercò di attenuare le conseguenze. Era impossibile frequentare fuori del Comelico, le scuole medie e superiori, perciò si istituì sul posto un corso di ripetizioni, con delibera n. 176 del 25 novembre 1944.

* * *

    Durante l'inverno, come era avvenuto per i militari del Presidio, chi prima chi dopo anche le guardie di finanza ed i carabinieri partirono, per non collaborare con i tedechi.
    Provvidi alla chiusura delle rispettive caserme.
    Rimasti senza forze di polizia posso attestare, che eccettuato un caso disgraziato del quale riferirò più avanti, si mantenne un ordine civile di vita ed una volontaria disciplina anche per le norme di razionamento e di tesseramento.

* * *

    Dopo il primo passaggio di ufficiali tedeschi e qualche altra visita, furono mandati in Comelico due unici gendarmi delle S.S
    Mi ricordo i loro nomi "Heirich e Joseph" i quali praticamente dominarono nell'inverno 1943-44 i nostri paesi non avendo ancora le forze della resistenza potuto organizzarsi.
    I miei colleghi, Podestà e Commissari Prefettizi degli altri Comuni ed io dovemmo subire le loro imposizioni condite da minacce, fra l'altro chiesero la consegna delle armi e delle radio.
    Naturalmente alloggiavano a S. Stefano e dovetti talvolta subirmi i racconti delle loro imprese guerresche e l'apologia dei sistemi nazisti.
    Fungeva da interprete Enrico Danieli.
    Durante l'inverno fu ucciso a Candide, da un carabiniere, l' ufficiale postale trovato a girare per il paese dopo il coprifuoco.
    Il Comando tedesco di Belluno fu informato del fatto dai carabinieri, prima che avessero potuto farlo Heinrich e Joseph.
    Heinrich che era superiore in grado lo considerò un affronto, un disdoro, che imputò ai Podestà e come loro rappresentante mi trattenne tutta la notte minacciandoci di ucciderci se un caso simile si fosse ripetuto.
    In appoggio alle sue minacce inflisse a me ed a Enrico Danieli il racconto della strage di ebrei fatta dal suo reparto in una città dell' Ucraina, e mentre nel nostro intimo inorridivamo, dovemmo ascoltare i raccapriccianti particolari.
    Incominciò col dire che fecero dagli stessi ebrei portar fuori dagli ospedali gli ammalati, scavare le fosse dagli uomini validi e poi con i mitra uccisero ammalati, bambini, donne e uomini. Infine ammise che furono loro distribuite bevande alcoliche e tutti si ubriacarono, ma concluse affermando che anche la nostra vita per lui non aveva alcun valore.
    I due gendarmi delle S.S. rimasero a S. Stefano sino all'inizio della primavera e poi furono sostituiti da cinque o sei gendarmi più anziani e malleabili. Vennero sistemati nella ex casa del fascio con letti, materassi, biancheria ed attrezzi prestati dagli albergatori o comperati.
    Arrivò anche un reparto della Luft-waffe, per un posto di avvistamento antiaereo, presero stanza nell'ex caserma della guardia di finanza.

* * *

    Nella tarda primavera fu bandita la leva della classe 1925 per l'arruolamento nell'istituendo Corpo speciale di sicurezza Bellunese.
    Le forze della resistenza si erano però ormai organizzate. Alquanti giovani non si presentarono, quelli che dovettero partire in corriera scortati da militari tedeschi, furono fermati verso Cima Gogna e liberati dai partigiani.
    La situazione si aggravava, avemmo delle riunioni presso il Municipio di Belluno dei Podestà dei principali Comuni della Provincia. Se ben ricordo, in quella occasione eravamo in undici. Del Cadore erano presenti il Podestà di Pieve Nelso Coletti, il Podestà di Auronzo avv. Giovanni Lrese e lo scrivente.
    Decidemmo di recarci dal dott. Laurer, consigliere germanico presso la Prefettura di Belluno per far conoscere lo stato d'animo della popolazione. Ci accompagnò il Prefetto commissario comm. Silvetti.
    Dicemmo che i nostri giovani non intendevano prestare servizio sotto una bandiera che non fosse quella italiana e qualora la leva non fosse stata sospesa, molti si sarebbero rifugiati in montagna anzichè rimanere a lavorare nei propri paesi.
    Il dott. Laurer ci ascoltò, si riservò di esaminare quanto avevamo esposto, ci congedò e .... noi uscimmo volentieri dai suoi uffici.
    Dopo alcuni giorni ricevemmo un telegramma annunciante che la Commissione di leva aveva dovuto spostarsi in altra zona.
    Detto provvedimento fu certamente determinato dal peso raggiunto nella situazione bellica dall'organizzazione delle forze della resistenza ed è grande merito di questa se ai tedeschi non fu possibile obbligare i nostri giovani a servire e combattere per loro.

* * *

    Intanto i gendarmi di S.Stefano erano stati richiamati ed il reparto della Luft-waffe alla fine di maggio fu fatto prigioniero dai partigiani durante la notte.
    Il mattino successivo, arrivarono consistenti forze tedesche, fermarono i pochi paesani trovati per le strade radunandoli sotto l'atrio della chiesa.
    Si poté persuaderli che il prelievo era stato fatto da partigiani forestieri, non arrestarono nessuno e ripartirono.

* * *

    Nei primi giorni di luglio del 1944 accadde il triste episodio che ho ricordato commentando il contegno esemplare della popolazione del Comune.
    Un disgraziato giovane, reduce dalla guerra di Grecia ritornato in condizioni fisiche e mentali debilitate, uccise per derubarlo, nella sua casa-fienile sopra Transacqua il mutilato di guerra, cieco,Paolo Menia Tamon.
    Fu catturato nella notte del 7 luglio, da una formazione di partigiani, processato da un tribunale del popolo, nella sala della Pretura e condannato a morte.
    Ebbe lassistenza religiosa del Pievano don Nicolò Bortolot, che lo accompagnò insieme al medico dott. Lino Da Vià, nei pressi del cimitero dove fu fucilato.

* * *

    Durante l'estate 1944 siamo rimasti in Comelico senza presidi tedeschi.
    I presidi più vicini stanziavano ad Auronzo e a Sappada, talvolta passava qualche camion di tedeschi per i rifornimenti.
    In uno di questi passaggi fu arrestato il partigiano Fiori Comis, che transitava con la motocicletta del macellaio Bruno Mario e portato al Presidio di Sappada.
    I partigiani locali mi chiesero di recarmi a Sappada per cercare di ottenerne la liberazione.
    Ma proprio in quel giorno avevo ricevuto l'intimazione di presentarmi alla gendarmeria di Pieve di Cadore.
    Il giorno successivo andai a Pieve, dove fui accusato di aver istigato il Comitato di liberazione del Cadore, ad inviare lettere minatorie al Presidente del Consiglio Provinciale delle Corporazioni ed al direttore della Sepral di Belluno.
    Riuscii a scagionarmi riferendo che effettivamente avevo protestato in Prefettura, contro detti dirigenti per aver ridotto da quattro a due gli autotreni assegnati al Cadore per il trasporto di 20.000 q.li di frumento con scambio di legname, concordato con il comune di Adria. Asserii che non sapevo neppure chi fossero i componenti del C.L.N. del Cadore. Osservai che la notizia era di dominio pubblico, che aveva causato una reazione ostile, quindi l'iniziativa era stata spontanea e non aveva avuto bisogno di istigazione.

* * *

    Incoraggiato dal buon esito avuto a Pieve, di ritorno a S.Stefano presi con me Bruno Mario ed affrontai il problematico incontro con il Presidio di Sappada.
    Mi ero informato sull'attività svolta Fiori Comis e testimoniai che aveva lavorato a raccogliere foraggio ed a far legna in montagna.
    Bruno Mario asserì che la moto gliel'aveva prestata.
    La nostra testimonianza concordò fortunatamente con le risposte date dal Fiori negli interrogatori subiti. Potei ottenerne la liberazione e ritornammo, accolti lietamente, a S.Stefano.

* * *

    La travagliata giornata ebbe un seguito notturno.
    Questa volta furono dei partigiani, non locali, a svegliarmi alle due di notte. M'invitarono in Municipio e mi chiesero di consegnare le rivoltelle delle guardie comunali e carte geografiche al 25.000 della zona. Le rivoltelle spiegai erano in dotazione personale alle guardie e consegnai le carte.
    La loro visita a me non cagionò nessuna apprensione, poichè inizialmente mi ringraziarono per la liberazione di Fiori Comis ma così non fu per mia moglie.
    Arrivati in municipio feci cadere le tapparelle  ed il caratteristico rumore nel silenzio della notte venne scambiato da mia moglie, che aveva ormai trascorso in ansia la giornata perle mie ore di assenza a Pieve e a Sappada, per una scarica di mitra. Corse angosciata in Municipio dove invece assistè soltanto ad un pacifico colloquio.

* * *

    Alla gendarmeria di Pieve ero stato convocato anche antecedentemente insieme a Nello Sgrelli, sotto l'accusa di aver dato ai partigiani la moto dei carabinieri presa in consegna dallo Sgrelli al momento della loro partenza.
    Per fortuna il nostro interprete Lodovico Solero di Sappada seppe convincerli che la moto era stata presa di forza e non consegnata volontariamente.

* * *

    Molti furono i viaggi compiuti nell'estate 1944 per provvedere cereali. Li feci, come ho già accennato, insieme all'ottimo compianto cav. GioBatta Menegus, segretario comunale di S.Vito di Cadore, con  l'auto a gasogeno di Nello Sgrelli, bravo autista quanto fedele compagno.
    In un viaggio a Treviso alla direzione Generale dell' Alimentazione della Repubblica di Salò accompagnati dal consigliere germanico presso la Sepral di Belluno, superato nel ritorno un rastrellamento fascista in provincia di Treviso, dopo Fener, sfuggimmo per poco ad un appostamento di partigiani.
    Probabilmente, la presenza del funzionario tedesco ci avrebbe messi tutti nei guai, sebbene i Comitati di Liberazione vedessero favorevolmente l'attività svolta per procurare viveri alla popolazione.

* * *

    Dichiarato improvvisamente zona di guerra il Polesine, dovei precipitarmi ad Adria per portare permessi militari della Komandatur di Belluno a Guido Petris, che munito di permessi non più validi, delle autorità civili tedesche della nostra provincia, era stato fermato dalle forze militari germaniche.
    Il mio tempestivo intervento potè evitare la requisizione del camion e permettere a Petris di ritornare in Cadore con un carico di frumento.
    Il passaggio di giorno sugli argini e sul ponte dell'Adige a Cavarzere fu molto rischioso, per il pericolo rappresentato dai "Pipo", come erano denominati gli aerei, che isolatamente, più o meno in continuazione mitragliavano i veicoli transitanti lungo le strade. L'autista, che in quella occasione non era lo Sgrelli, in un primo tempo aveva rifiutato di proseguire.
    Altre volte a Padova, a Treviso e pure a Belluno dovemmo correre nei rifugi od allontanarci al più presto dai centri abitati per sfuggire ai bombardamenti aerei.

* * *

    In provincia crearono ovviamente notevoli difficoltà gli eventi bellici. A seguito di azioni delle forze partigiane il 2 settembre 1944  venne interrotto il traffico stradale tra Perarolo e Pieve per il brillamento di una potente mina nella strada della Cavallera; il 23 settembre venne fatto saltare il ponte in località "Tre Ponti"; il 24  settembre il pinte sul Molinà; il 10 ottobre il Ponte Novo.
    Si dovettero organizzare trasbordi fino alla costruzione di ponti in legno e delle strade di accesso  ai ponti medesimi.
    I lavori di ricostruzione furono eseguiti dagli uomini validi dei paesi viciniori, radunati dai tedeschi al suono delle campane, sotto la minaccia di gravi rappresaglie.
    Al Ponte Novo fu costruita per interessamento dell'impresa Monti di Auronzo una rudimentale teleferica in attesa della costruzione del ponte provvisorio e per evitare ai pedoni ed ai ciclisti il lungo percorso da elos all'alveo del Piave e la risalita nelle vicinanze di Lozzo.
    La teleferica aveva una tavola appesa a due carrucole. Se non si soffriva di vertigini, vi si montava a cavalcioni e con la bicicletta in spalla, se c'era. Me ne servii anch'io ed in quei giorni feci pure il viaggio S.Stefano-Belluno e ritorno in bicicletta.

* * *

    Il settembre 1944 fu denso di avvenimenti.
    Nei primi giorni del mese i partigiani assalirono il Presidio dei tedeschi a Sappada uccidendone due.
    Per ordine dei tedeschi dovetti mandare tre camions per trasportare le salme in Pusteria.
    I camions nel viaggio da Sappada,  Ponte Cordevole e Presenaio, furono assaliti dai partigiani e nello scontro rimase ucciso un militare della scorta e vi furono due feriti.
    I partigiani ordinarono agli autisti dei camions Guido Petris, Agostino Verdin e Luigi Doriguzzi di lasciare i feriti all'albergo Fabian di Mare, le salme nel cimitero di S. Pietro e proseguire per la Valle Frison.
    Ivi fu seppellito l'ucciso nello scontro.

* * *

    Nel pomeriggio del 7 settembre avevo convocato il Comitato Consultivo e mentre si discuteva sulla situazione, pervenne una telefonata da Candide annunciante l'arrivo di una colonna di gendarmi tedeschi.
    La riunione si sciolse ed io rimasi solo.
    Istantaneamente, la notizia si diffuse,, causando un panico generale. Mi telefonò subito mia moglie consigliandomi di allontanarmi anch'io; e le risposi che questo era invece il momento di rimanere al mio posto.
    Uscii dal Municipio per recarmi a tranquillizzarla, vidi i negozi e l'Ufficio Postale abbassare le saracinesche, rientrai ed incaricai il capo delle Guardie di ordinare riapertura, per non presentare il paese in veste di colpevole.
    Ritornato a casa arrivarono, in bicicletta, due operai di Campolongo, che lavoravano a Comelico Superiore, con l'incarico del comandante della colonna di avvisarmi di preparare gli alloggi.
    La colonna arrivò sull'imbrunire, si fermò all'inizio del paese davanti l'ex caserma dei carabinieri. Mi recai ad incontrarli insieme a Emilio Grandelis che conosceva il tedesco.
    Fummo accusati di essere tutti banditi, ci difendemmo dicendo come al solito che i partigiani erano forestieri.
    Troncato il colloquio mi ordinarono di provvedere un'ambulanza, ma anche l'autista dell'ambulanza, come molti altri era fuggito nei paesi alti.
    Sperai che Guido Petris e Giuseppe Da Rin fossero rimasti a casa. Li mandai a chiamare. Vennero subito e dopo aver sfondato la porta del garage, mentre si stava mettendo in moto l'ambulanza, arrivò un camion di S.S. da Cortina.
    Dopo un breve colloquio fra i comandanti delle S.S. e dei gendarmi, mi fecero montare sul camion, vi salì pure volontariamente Guido Petris, dicendomi: "non ti lascio solo!".
    Si andò a Mare e le donne dell'albergo Fabian vedendoci si rincuorarono, perchè anche qui gli uomini erano fuggiti.
    Trovammo i feriti, per quanto possibile ben curati, con generi di conforto, latte ed uova sui comodini.
    I tedeschi sistemarono i feriti su dei materassi e fecero rimontare anche noi sul camion, con la speranza che ci scaricassero a S.Stefano. Non conoscendo il tedesco eravamo all'oscuro delle loro intenzioni. Così avvenne verso le ore 22 scendemmo in piazza, il paese era buio e deserto e rincasammo. Trovai mia moglie ed i figlioli piangenti poichè erano rimasti senza alcuna notizia di quanto mi fosse accaduto e pensavano ormai a tutte le peggiori ipotesi.

* * *

    Fui svegliato all'alba. La mia casa era circondata con postazioni di fucili mitragliatori.
    Scesi e dovetti far entrare il comandante e l'interprete. Furono poste sentinelle nel corridoio e si accomodarono nel salotto, con una sentinella alla porta.
    Mi ingiunsero di recuperare le salme, di far preparare la cassa per l'ucciso nello scontro, croci costruite secondo la loro usanza e corone di fiori.
    Proposi di seppellirli nel cimitero militare.
    La visita al cimitero, dove le tombe erano uguali e ben curate, sia per i caduti italiani, come per quelli austriaci della guerra 1915-18, allentò un po' la tensione.
    Le salme furono recuperate dai vigili del fuoco, al comando del brigadiere Candido De Candido accompagnato da Guido Petris e Emilio Grandelis.
    La tumulazione alla quale dovetti assistere, fu salutata da scariche di mitra e di fucili e da un discorso, del comandante che promise vendetta, tradottomi da Enrico Danieli.
    Nei primi giorni di permanenza dei gendarmi, dovetti provvedere a far macellare un capo di bestiame per loro.
    A Campolongo si macellava per i partigiani stanziati nella Val Frison ed in Antoia.

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    Anche nel Comune di S.Stefano come in tutto il Comelico molti giovani parteciparono alla resistenza. La loro presenza fu importante, sufficiente a mantenere impegnate in loco notevoli forze naziste ed impedire azioni di elementi irresponsabili. Parteciparono inoltre ad azioni ed a sabotaggi fuori del Comelico
    Nel nostro Comune, secondo le informazioni dell' A.N.P.I. di Belluno, fecero parte delle formazioni partigiane:
Baldissarutti Aldo, Bergagnin Ivo, Bergagnin Lucio, Buzzo Dino, Buzzo Contin Angelo, Buzzo Contin Mario, Buzzo Poz Giacomo, Buzzo Saler Benigno, Buzzo Saler Giuseppe, Buzzo Saler Vasco, C apuzzo Mario, Casanova GioBatta, Casanova Pietro, Da Rin Ugo, De Candido Antonio, De Candido Attilio, De Candido Benedetto, De Candido Gino, De Candido Mario, Del Fabbro Vero, De Mattia Cesare, De Zolt Riccardo, Fontana Elio, Fontana Leo, Fontana Luigi, Franci Mario, Franci Primo, Grandelis GioBatta, Kratter Alfonso, Marta Claudio, Pecoraro Alfredo, Pellizzaroli Aldo, Pomarè Aldo, Pomarè Bruno, Pomarè Faustino, Pomarè Nello, Quandel Dino, Solagna Luigi, Zaccaria Luigi, Zaccaria Santo.
    I gendarmi di S.Stefano, si erano fortificati nell'ex Caserma dei Carabinieri ed uscivano soltanto nel paese, adottando misure di sicurezza.

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    A Campolongo ebbi un incontro con il Comandante dei Partigiani  "NEMO" con alcuni suoi compagni e con un ufficiale americano paracadutato. Il coraggioso Comandante "NEMO" al secolo Giuseppe Celso, fu poi mio collega al Consiglio Provinciale e successivamente Sindaco di Longarone, perse purtroppo la vita nella catastrofe del Vajont.
    Mi chiesero informazioni sull'armamento dei gendarmi di S.Stefano, avendo intenzione di assalirli.
    Riferii come fossero efficientemente armati, con qualche mitragliatrice e con fucili mitragliatori.
    Per il susseguirsi degli eventi bellici e credo anche in considerazione delle conseguenze, che io feci presente, ne sarebbero certamente derivate al paese e agli abitanti, l' attacco non ebbe più luogo.

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    In quel periodo fu organizzato un incontro fra due ufficiali dei gendarmi e due partigiani "Alfio e Alvio" tutti disarmati, per concordare uno scambio di prigionieri.
    Eravamo riuniti in canonica, quando mia moglie mi telefonò che era in arrivo da noi un'auto di ufficiali tedeschi, naturalmente armati.
    In una atmosfera piuttosto tesa, vi fu un colloquio fra i tedeschi, venne però rispettato l'accordo per le trattative, che si conclusero positivamente, ma poi lo scambio non si realizzò.

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    Altri seri guai, in quei giorni, ebbi con i gendarmi dell'ex caserma dei Carabinieri.
    La causa fu la perdita di uno zaino, contenente qualche notizia interessante la lotta per la resistenza, fatta da un partigiano, che sorpreso durante la notte nelle vicinanze da una pattuglia di gendarmi, dovette abbandonarlo per poter fuggire e per il prelievo da parte dei partigiani in piazza S. Stefano dell'ultima corriera che fece servizio di collegamento con Calalzo.

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    Alla fine di settembre i partigiani, ebbero nelle vicinanze di Domegge, un combattimento con i tedeschi, vi morì un valoroso giovane di S.Stefano Igino De Candido.
    A causa della presenza dei gendarmi a S. Stefano i funerali furono fatti al nostro Pievano a Campolongo, dove la salma arrivò attraverso Antoia e la Val Frison e fu provvisoriamente sepolta in quel cimitero. Dopo la fine della guerra la salma fu solennemente tumulata nel cimitero di S. Stefano.

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    Ai primi di ottobre arrivarono in Cadore notevoli forze tedesche, per tentare di eliminare le formazioni partigiane. A S. Stefano prese alloggio un battaglione di S.S. nelle scuole, nel dopo-lavoro e negli alberghi. Terminate le grandi operazioni di polizia rimase di presidio una compagnia, accasermata nel dopo-lavoro ed il comando all'albergo Kratter.
    In tutte le vie di accesso alla piazza o meglio al centro del paese, furono stesi reticolati, che di notte venivano chiusi e sorvegliati da sentinelle.

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    Ebbero inizio i rastrellamenti in tutto il Comelico. Ogni paese fu circondato all'alba, le S.S. entrarono nelle case, prelevarono quanti potessero dar sospetto di connivenza con i partigiani e li portarono a S.Stefano.
    Per alcuni giorni si assisté al triste spettacolo dei catturati, condotti nella sala del Cinema.
    Vennero interrogati, fatti accertamenti, parte furono rilasciati e gli altri internati nel campo di concentramento di Bolzano.
    Del Comune di S. Stefano furono inviti a Bolzano 32 uomini per lo più giovani, quali possibili appartenenti alle forze partigiane.
    Ne do l'elenco: Buzzetto Ferruccio, Buzzo Piazzetta Stefano, Buzzo Saler GioBatta, De Candido Mario, De Candido Marcello, De Zolt Coletta Romano, De Zolt Giustina Giuseppe, De Zolt Giustina Luigi, De Zolt Tono Giuseppe, De Zolt Tono Luigi, De Zolt Olivo, Fontana Elio GioBatta, Grandelis Ernesto, Grandelis GioBatta, Grandelis Guido, Grandelis Italo, Grandelis Severino, Marta Franco, Pellizzaroli Vittorio, Polentarutti Vittorio, Pomarè Aurelio, Pomarè Fiorenzo, Pomarè Luigi Primo, Puliè Livio, Quattrer Iles, Somià Ferruccio, Soravia Pietro, Zandonella Isidoro.
    Vennero fatti partire d'improvviso di domenica ed alcune madri accorsero a chiamarmi in chiesa mentre assistevo alla Messa, con l'illusoria speranza che potessi evitare la loro partenza.
    Non potei che recarmi a salutarli, erano stati ormai caricati su dei camions sorvegliati dalle S.S.. Diedi loro il denaro che avevo in tasca 7-800 lire e promisi la nostra assistenza.

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    Durante le operazioni di rastrellamento vennero bruciate: la malga di Col Chiastelin e la caserma della milizia confinaria in Val Visdende, ritenute ricovero di partigiani, 5 case a Campolongo, 5 case a Costalta, e 4 a Comelico Superiore, dove vennero trovate armi ed esplosivi.
    I Vigili del Fuoco poterono intervenire per impedire l'espandersi degli incendi.
    A Campolongo ebbe la disgrazia di perdere la vita, Arturo De Zolt Tono, già sottufficiale dell'aeronautica, sorpreso mentre cercava di disfarsi della rivoltella; fu fucilato dai tedeschi sul greto del Piave.

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    In quei giorni operai di Campolongo lavoravano ad un taglio di bosco nei pressi di Monte Croce.
    Furono costretti dai tedeschi a sgombrare dalle piante la strada.
    Nella notte i partigiani vi avevano posto delle bombe e delle mine, ovviamente destinate ai tedeschi, che sventuratamente causarono invece la morte di un operaio, De Zolt Tono Silvio e rimasero feriti in modo grave Isetto Pomarè e meno gravemente Luigi De Zolt Zalada.
    Con un camioncino militare tedesco la salma fu portata a Campolongo. Qui il camioncino fu preso dai partigiani. Avutane notizia, insieme al Pievano mi recai al comando tedesco, per prevenire la loro reazione.
    Gli autisti non furono però catturati e vennero riaccompagnati a S. Stefano da Emilio Grandelis ed al loro arrivo l'accoglienza, che avevamo avuto il Pievano ed io, cambiò e ci lasciarono andare.

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    Poi relativamente la situazione si normalizzò e ripresi a viaggiare.
    Sospeso il servizio ferroviario ed anche il traffico pesante stradale, come ho ormai ricordato ottenemmo di venire riforniti dalla Sepral di Bolzano ed i viaggi ebbero principalmente questa destinazione.

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    A Bolzano mi recai pure, per organizzare i soccorsi per i nostri internati in questo campo di concentramento.
    All'inizio dell'inverno, insieme all'interprete Lodovico Solero, ho fatto anche un viaggio alla Gestapo di Cortina, per tentare d' intervenire in favore dei nostri internati, purtroppo senza risultato.
    L' assistenza venne effettuata maggiormente durante gli allarmi ed i bombardamenti aerei, che provocavano un allentamento nella sorveglianza e quindi un minore rischio nel riuscire a introdurre viveri nel campo.
    Furono inviati a Bolzano due q.li di frumento al panificio di Giuseppe Coletti Contin il quale molto si prestò per l'azione di soccorso.
    Più facile era avvicinare gli internati, quando venivano portati a lavorare nelle officine sistemate nella costruenda galleria ferroviaria del "Virgolo".
    La galleria, durante gli allarmi serviva da rifugio antiaereo.
    In queste occasioni, se non ci si imbatteva in sentinelle duramente rigide, si poteva avere qualche contatto con i nostri paesani ed a questo scopo, accadeva magari, di desiderare il verificarsi di allarmi per il passaggio di aerei.
    Nei miei  viaggi a Bolzano ho avuto soltanto una volta la possibilità di scambiare dei saluti con qualcuno di loro.
    L'azione di soccorso fu svolta con ardimentoso altruismo specialmente da Veronica Pellizzaroli e da Dolores Cattaruzza, moglie di Silvio, già Segretario comunale a S.Stefano ed in quel tempo residenti a Bolzano.
    Non esitarono ad affrontare coraggiosamente rischi e pericoli ed i nostri internati conservano per loro imperitura gratitudine.
    Diversi parenti si recarono pure a Bolzano per tentare di portare viveri ai loro congiunti internati nel campo di concentramento. Superarono disagi e gravi pericoli per l'ostilità nazista e per i bombardamenti aerei.

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    Sebbene i viaggi fossero disagiati e pericolosi li preferivo al soggiorno a S.Stefano, perchè spesso dovevo presentarmi al Comando dei tedeschi. Le chiamate costituivano sempre un'incognita e neppure, era simpatico recarmi da loro per necessità del Comune o nell'interesse di terzi.
    I miei timori si rivelarono giustificati l' 11 febbraio 1945, quando alle 6 di mattina venni arrestato in casa da militi armati della S.S. e condotto al dopo-lavoro sede delle truppe tedesche.
    Verso mezzogiorno mi accompagnarono all'albergo Kratter e fui informato dal capitano comandante, che dovevo rispondere a 4 accuse:
1° di aver dato 40 vere d'oro ai partigiani;
2° di aver loro procurato viveri;
3° di averli finanziati;
4° di avere due partigiani impiegati in Municipio.
    Mi si disse inoltre, che sarei stato giudicato da ufficiali della Gestapo in arrivo da Cortina.
    Naturalmente le mie apprensioni aumentarono. Durante questa giornata ebbi la visita del Pievano don Nicolò Bortolot e del cappellano don Riccardo Strin. La loro visita rialzò alquanto il mio morale. Mi riferirono dei timori e delle preoccupazioni dei paesani per il mio arresto e che era stata ordinata una messa per la mia liberazione.

* * *

    Insieme a me erano stati arrestati: Nello Sgrelli, Ettore De Candido, Antonio Bergagnin, Berto Buzzo Saler ed un forestiero.
    Gli ultimi tre furono rilasciati dal capitano perchè fermati erroneamente. Antonio Bergagnin era stato scambiato per Franco Bergagnin padre del partigiano Ivo e Berto Buzzo Saler per il fratello Giuseppe, che aveva fatto in tempo a nascondersi nella neve sul tetto, mentre Berto apparteneva alla milizia forestale ed era a S.Stefano con regolare permesso. Del forestiero non ho saputo la motivazione del rilascio.

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    Alle 17 arrivò la Gestapo, fu prima interrogato Ettore De Candido, poi Nello Sgrelli. Vennero rilasciati avendo potuto dare soddisfacenti giustificazioni in confronto alle accuse di aver aiutato i partigiani.
    Introdotto a mia volta mi si contestò la prima accusa.
    Risposi, che non solo non avevo mai posseduto 40 vere d'oro, ma che sia io, come mia moglie e mia madre avevamo donato le nostre vere alla patria e mostrai la vera d'acciaio che avevo all'anulare.
    Mi chiesero allora conto dell'oro raccolto per la patria. Risposi che in quell'epoca non avevo nessuna carica, ne politica, ne amministrativa, che la raccolta dell'oro era stata fatta dal fascio e che si trovava in paese l'ex segretario amministrativo Albano Pellizaroli, il quale, mi era noto, aveva conservato la documentazione dell'oro raccolto e della sua consegna alla Federazione Provinciale dei Fasci.
    Fui rinviato dall'albergo Kratter al dopo-lavoro e fu cercato Albano Pellizzaroli.
    La sua deposizione confermò esattamente quanto avevo detto.
    Richiamato, dissero che le mie risposte corrispondevano a verità e che eventualmente sarei stato nuovamente interrogato. Probabilmente il precipitare degli avvenimenti non consentì di approfondire la verità delle altre accuse.
    Mi rinviarono nuovamente al dopo-lavoro e poi, era ormai notte, mi lasciarono in libertà.

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    Con mio grande sollievo, allora mi sembrò quasi incredibile, non mi contestarono le altre accuse nella massima parte veritiere.
    Infatti, avevo come impiegati in Municipio il comandante dei partigiani Attilio De Candido ed il commissario Giuseppe Buzzo Saler, avevo procurato loro viveri ed in un momento di difficoltà avevo, addirittura chiesto ai tedeschi, per la popolazione, un quarto di manzo che avevo passato ai partigiani.
    Invece non mi erano mai stati chiesti finanziamenti.
    La mia difesa sarebbe stata si può dire impossibile se i tedeschi avessero avuto quelle prove.
    Mi salvò la prima accusa infondata e falsa.
    Le accuse furono certamente frutto di una spiata, ma il diavolo aveva fatto la pentola senza il coperchio.

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    Terminò questa angosciosa giornata anche per mia moglie, che aveva visto dalla finestra della mia casa, solo la liberazione dei miei compagni di prigionia ed aveva seguito i miei passaggi dal dopo-lavoro al Comando da Kratter e viceversa.
    Ormai disperava di rivedermi.
    C'era un bieco maresciallo delle S.S., che quando vedeva mia moglie le faceva un significativo gesto con la mano, indicante il taglio della gola.

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    Alla fine di marzo la M.C. di Cadore ottenne la liberazione di quasi tutti gli internati del Cadore dal campo di concentramento di Bolzano ed il loro trasferimento all'organizzazione del lavoro "Todt".
    Insieme a Gildo Cesco commissario prefettizio di San Pietro di Cadore, mi recai con un camion al campo di Bolzano per provvedere al trasferimento.
    Quando uscimmo dal campo fummo abbracciati e baciati dai nostri compaesani. Per loro era terminata una odissea di fame e di maltrattamenti e non si sarebbe più rinnovata l'angoscia di poter sentire negli appelli quotidiani, l'annuncio della deportazione in Germania.
    A pochi non fu concesso il trasferimento alla "Todt". Del nostro Comune Vittorio Pellizzaroli dovette assistere alla partenza dei compagni più fortunati e rimanere fra i reticolati sino alla vittoria ed alla fuga dei tedeschi.
    Purtroppo alcuni erano stati deportati nei campi nazisti della Germania.
    Sempre del nostro Comune Polentarutti Vittorio non fece più ritorno. Ritornarono i fratelli GioBatta ed Ernesto Grandelis in precarie condizioni di salute, con lunghe conseguenze.
    Ritornarono pure Riccardo De Bernardin e Gennaro De Pol deportati antecedentemente nei campi nazisti. Erano stati catturati in un loro viaggio in Carnia.

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    S.Stefano probabilmente perchè si presenta dall'alto come un importante nodo stradale, con due ponti sul Piave e due sul Padola, fu oggetto di tre bombardamenti aerei.
    Il più grave fu il primo nella mattinata del 4 novembre 1944.
    Una bomba centrò il ponte sul Piave senza esplodere. Ne esplose una sui prati antistanti la nuova caserma ed il materiale sollevato arrivò sino in piazza rovinando tetti e causando rotture di vetri; la terza dietro l'albergo Kratter non esplose; con dolorose tragiche conseguenze la quarta cadde sul prato davanti alla Pensione dell'Amicizia ed essendo a scoppio ritardato esplose nel tardo pomeriggio causando la morte di Antonio Buzzo Mucchian, detto Nin, Valentino Daria ed Eugenio Pellizzaroli. La sorte volle che si trovassero di passaggio nel ritorno dal governo delle mucche, dai fienili situati al dilà del Padola. Rimase anche ferita Maddalena Pomarè Montin, benignamente chiamata "Tata Lena", che si trovava nelle adiacenze; la quinta bomba pure a scoppio ritardato, cadde sul magazzino di legnami del Comune, dietro la caserma dei carabinieri, esplose a notte inoltrata fortunatamente con soli danni materiali.

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    Nel secondo bombardamento, avvenuto il 22 febbraio 1945, le bombe caddero sulla costa sopra S.Stefano senza gravi conseguenze.
    Dal materiale sollevato dalle esplosioni rimasero coperti, il cappellano don Riccardo Strin e la giovane Vittoria De Mario, che transitavano sul sentiero che porta a Costalissoio; eccettuato un comprensibile forte choc non riportarono, si può dire miracolosamente, né ferite né lesioni.

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    Nel terzo bombardamento avvenuto il 12 aprile le bombe caddero, fra il ponte di Transacqua ed il ponte della strada nazionale. Grande fu la paura, ma soltanto rotture di vetri.
    Anche sulla periferia di Danta venne lasciata cadere una bomba. Fu danneggiata una vecchia casa, ma non ci furono danni alle persone.

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    Per molteplici frequenti passaggi di formazioni di aerei, alle altre trepidazioni se ne aggiunsero di nuove e vi fu chi andò ad abitare in altri paesi del Comelico.
    Io provvidi a far trasferire l'archivio comunale nelle cantine del Municipio e su invito della Prefettura feci predisporre un progetto per un rifugio antiaereo. La spesa di £. 2.025 fu liquidata con delibera n. 48 del 28 aprile 1945.
    Per fortuna non occorse darne esecuzione in quanto sopraggiunse la fine della guerra.

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    Fra le tante avversità vi fu un unico avvenimento, che molto ci confortò, la visita pastorale del nostro Vescovo Mons. Gerolamo Bortignon, che andai a prendere a Belluno con l'auto di Sgrelli assieme al nostro Pievano.

LA LIBERAZIONE

    L'alba della liberazione sorse finalmente il 27 aprile e vide il primo passaggio di truppe tedesche in ritirata, alle quali i partigiani imposero di deporre le armi.
    Un grosso reparto fu catturato, alloggiato nella nuova caserma e consegnato agli Americani, che passarono con colonne di carri armati.
    Nei primi giorni si dovette provvedere viveri per i prigionieri tedeschi, più che altro, pane.
    Su designazione dei Comandanti dei Partigiani e del locale Comitato Nazionale di Liberazione fu costituita la Giunta Popolare.
    Fu proposta la mia nomina a Sindaco, ma io insistei perchè questa carica venisse assunta dall'ing. Fausto De Zolt e assicurai la mia collaborazione nella veste di Vice Sindaco. Pertanto la Giunta Popolare rimase così composta:
Sindaco l'ing. Fausto De Zolt, che durante il fascismo aveva dovuto allontanarsi dal Comelico, Vice Sindaco lo scrivente, Assessori: Emilio De Candido, Orazio De Zolt, Angelo De Mario, Gaetano Comis Da Ronco; membri: GioBatta Zandonella, Attilio Fontana, Claudio Marta, Silvio De Bernardin, Gaspare De Mario, Antonio Giuseppe Comis Da Ronaco, Ermes Mario.
    Anche la Giunta popolare svolse attività principalmente per procurare viveri, per realizzare i crediti delle vendite di legname come ho già specificato e per aiutare quanti ritornavano dalla prigionia.

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    La Giunta Popolare fu sostituita da una amministrazione nominata dai capi famiglia il 29 luglio 1945.
    Io ebbi il massimo dei voti, ma accettai soltanto la carica di assessore. Ero stanco, per non dire che soffrivo di esaurimento.

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    Dovevo pensare alla mia famiglia, riaprire il mio caffè bar chiuso da circa un anno e non ne avevo i mezzi.
    A questo scopo mi imprestò 100.000 lire Guido Petris.
    L'amico Guido Petris, sempre coraggioso, già valoroso combattente, decorato al valor militare nella guerra 1915-18, arrivato con il suo camion con i primi rifornimenti ad Adis-Abeba nel 1936.
    Egli ci ha ormai lasciato, come purtroppo molte delle persone che ho ricordato in questa narrazione.
    Narrazione di un periodo infausto della storia dei nostri paesi, che ho scritto perchè ne rimasse fedele memoria.