Qualche "pillola" di storia offertaci da Piergiorgio Cesco Frare sul nostro paese:
Prime attestazioni della villa di Costalissoio e (Casafavaio) ed etimologia del nome
Etimologia (Cesco-Frare, Pellegrini):
Costalissòio (Costlisegn, a. 1278 villa de Costalixoio; a. 1281 Costalisono), in cui ravviseremmo un composto con un derivato di lissa ‘pendio ripido’ e anche 'canale per portare a valle fieno o legname'.
(da un documento del 1278)
Si nominano le "ville" de Costalixoio e de Casafavaio [S-ciadfëgn]; inoltre una località Summavilla di Costalissoio [ma è più probabile che si debba leggere Summoviale se, come ritengo, ha dato origine al cognome Somià.
(dal laudo del Comune di S. Stefano e Casada, anno 1444)
"....quando per portare le greggi agli alpeggi nelle valli attorno all'odierno Campobon (ai tempi non esistente) occorreva seguire degli itinerari obbligati per evitare di rovinare le colture attorno ai paesi..."
p. 54: Viæ vero illorum de Costalissojo vadunt per Trasudam et ascendunt per Duconum applicando in planum de Messeda, et per omen [cima] dictorum Montium vid. Londi, Degnasij, et apleti eundo superius habent illam viam, seu vias. [...] Greyæ vero recedendo de Col de Comugne [a cui si arriva dalla fonte di Cronte e indi dai prati di Stablavosto per via] veniunt per pratum de Stalmassango per sub Tablatum de Casafavagno [S-ciadfëgn] ultra versus sero applicando in Pra de Stalbocolin.
Nel capitolo aggiunto nel 1548 troviamo un Antonio de Lenart con cognome già formato in termini attuali.
Elenco delle persone e dei luoghi nominati negli antichi documenti
Una delle prime attestazioni della regola di Costalissio (da un documento dell'archivio comunale di S. Stefano)
Il dì 12 ottobre 1526 nella Villa di S. Stefano presenti M.r Nicolò de Mesola, et M.r Vido de Benai de Auronzo Et ivi della differenza, che per lungo tempo ha intervenuto tra i Regolieri di Costa da una, e li Regolieri della Villa di Costalissoi per l'interposizione di Uomini da bene, sono divenuti a questa composizione, cioè M.r Mattio quondam M.r Lunardo de Cesco come Sindico della Villa predetta di Costalissoio assieme con Giacomo, et M.r Nicolò de Candido, Mario q.m Vido acconsentì che detti Regolieri di Costa abino la sua Vizza trà questi confini, cioè abbraciando li loro confini in quella parte, cioè principiando in cima tra Zovo Pizol, et Zovo de mezzo discendendo in Palù della Sala, e dalla detta Palude descendendo rettamente fino alla cima del Prado d’Antarigole, strada la quale tende e và verso Costa fino al primo Giau, il quale si chiama il Giau di pace [?], discendendo per il Pian fin al Tabbiado Drocol [?] sotto Pace, ascendendo per falde [?] d’essa fin in Costalissoio nella strada fin a Giau gran entrando fin in Pian di Pace acconsentindo, e volendo che...
(Dall'elenco del primo consiglio di centenaro anno 1561, documento in archivio comunale di S. Stefano)
Tra i rappresentanti dei tre comuni (Casada, S. Stefano e Oltrarin), troviamo Coluzzo de Bettin di Costalissoio laudatore (consigliere) del Comune di S. Stefano, e inoltre Mario de Vito di Costalissoio rappresentante della regola.
Uno dei due giurati (sorta di periti stimatori) eletti risulta Antonio fu Valentino de Lenart di Costalissoio. Capitano (comandante la milizia del centenaro) è eletto Paulo de Lenart di Costalissoio.
".....il bosco libero nell'uso viene "vizzato" ovvero con una delimitazione precisa del luogo, il taglio del bosco è regolamentato ed è prevista l'autorizzazione regoliera.....
Il bosco di Caurul vizzato
Il 15 marzo del 1519 nella piazza della villa di
Costalissoio, alla presenza di Giovanni di Auné, di Leonardo di Gera e di
Giovanni Giacomo di Casada chiamati come testimoni, si riuniscono i seguenti
regolieri di Costalissoio: i fratelli Nicolò e Giovanni de Candido, Bettino de
Bettino, Giovanni di Simone, Nicolò de Cesco, Mario e Bortoluzzo figli di
Leonardo de Cesco, Osvaldo saurano in qualità di tutore dei minori eredi di
Luca, Antonio de Menia quale tutore degli credi di Pietro de Olmen, Giacomo de
Candido, Sigismondo figlio dell'assente Leonardo dalla Vedova, Mario de Tone
[capostipite dei De Mario] e Giovanni de Sommavia [Somià], i quali tutti
intervengono per sé e per tutti gli altri assenti della stessa villa.
Considerato che nella villa vi sono molti barchi , case e fienili che
necessitano costantemente di riparazioni, cosicché le piante dei boschi vicini
sono quotidianamente tagliate ed portate fuori della Regola con loro massimo
danno e pregiudizio, vizzarono il bosco di Caurul posto sopra la villa stessa
entro questi confini: cominciando dal Col Comin, salendo per l'antica via a
Crepuzie, da qui a Pian Tamai, indi al piano di Messedà [Pieza del Ciaure?],
scendendo poi da questo piano in Cramase, Poi in Ladié e alla fontana di
Ciandazè e poi a quella di Cunel, indi alla pezza del Piano di Mosena, da
questa in Sommo Ladié dei maso dei Mario, da qui alla fontana di Stamassagno
[sic], da questa alla strada vicinale, indi salendo al Col Cruignato. Tra i
quali confini nessuno possa abbattere piante di larice, pezzo o avedino senza il
permesso della Regola.
[da "Collezione Storica Cadorina", vol. 3, p. 123, ms 272 BC (Biblioteca Cadorina, Vigo di Cadore), traduzione dal latino di Piergiorgio Cesco-Frare]
.....stralci da antichi documenti....
"...
il bosco era composto da piante da foglia ...."
.......Giuseppe
Bettina che nel 1840 scriveva in un indirizzo: "Ai signori deputati del
Comelico": .......................... la condizione
infelice del Comelico fece intendere ai suoi abitanti che bisognava rivolgere
l'attenzione alla propagazione del bosco resinoso di abete, che per fortuna vi
alligna spontaneamente. Quindi fu cura dei solerti abitanti lo snudare,
estirpare, distruggere i boschi di faggio che coprivano un tempo la massima
parte di queste vallate e che serviva all'uso unico di combustibile alle private
famiglie, né davano alle regole la minima utilità. Furono invece allevati e
seminati gli abeti che formano ora la principalissima ricchezza del paese.
".....siamo nel 1700 ed i comuni erano così composti......"
.....centuria del Comelico inferiore....
Questa centuria (centenaro) era formata:
del comune di S.Stefano o di mezzo, comprendente le Regole di S.Stefano e di
Campolongo;
del comune di Oltrerin, comprendente le Regole di S.Pietro, Costalta, Valle e
Presenaio:
del comune di Casada, comprendente le regole di Casada, Costalissoio e Mezza Danta di Sotto.
Caduta la repuibblica di S.Marco (fine del 1700), nel succedutole regno italico le Regole di Casada, Costalissoio, Danta, S.Stefano, Campolongo, S.Pietro, Valle, Costalta, Presenaio, diventarono altrettanti comuni a sè.
L'Austria, nel 1815, riunì insieme i quattro Comuni di Casada, Costalissoio, S.Stefano e Camplongo, formandone un comune unico, che si chiamò del Comelico Inferiore, ed oggi S.Stefano del Cadore. I quattro ex comuni così riuniti diventarono frazioni con interessi separati dal Comune generale.
I Comuni di S.Pietro, Costalta, Presenaio e Valle, trasformati essi pure in altrettante frazioni, formarono il Comune di S.Pietro del Cadore, il quale ebbe così la stessa circoscrizione territoriale dell'antico Comune di Oltrerin.
Danta cessò di essere Comune distinto, e diventò frazione del Comune di S. Nicolò. Però con decreto del 5 agosto 1843 fu eretta in Comune a sè, staccandola dal Comune di S. Nicolò.
"... la Repubblica Veneta ...e le Chiese...."
....Li debiti di Centinaro, ed aggravj passati, ed innavenire perpetuamente
siano pagati, ed adempiti in terzo dai tre Comuni di S.Stefano, Casadda ed
Oltrarino.
Oltre tutto ciò, debba il Comun di
Casadda esborsar Ducati 100, da L. 6: ciasc., alla reverenda Chiesa di S.Pietro
d'Oltrarino, altri Ducati 100 alle venerande Chiese di Costalissojo e di Casadda,
cioè due terzi a quella di Costalissojo ed uno a quella di Casadda. Altri
Ducati 100 alla Fabbriceria della veneranda Chiesa di S.Maria di Pieve, e
finalmente far celebrar, messe n° 100, in suffragio delle anime purganti.
-aggiornamento del marzo 2007
Pillole di storia che "toccano" il nostro paese
... dal Bollettino Parrocchiale di Candide - feb. 1995
-nel 1326
Il Comune in un laudo inibisce a chiunque di avere più di
cinque animali minuti (pecore e capre) in Tavella, cioè nella campagna
coltivata; e se di più il Saltaro (guadia boschi) ha facoltà di
sequestrarne uno e ammazzarlo. La pelle resta al Saltaro, una spalla va al
Marico (capo regola) ed il resto al Comune. Il Saltaro che
invitato ad invigilare non si prestasse, sarà multato di 20 soldi.
(...anche se non appartenente al nostro comune, questo regolamento ci fa
capire quanto preziosa sia stata la terra coltivata)
-nel 1330 Costalissoio dava a S. Maria di Candide (chiesa), 4 calvie di orzo e 6 di avena.
-il 26 gennaio 1348, venerdì di sera, un
fortissimo terremoto reca grandi rovine nel Friuli, nella Carnia e nella
Carinzia. Anche il Cadore risentì danni ingenti, rovinò il Castello di
Bottestagno (Pieve di Cadore), il monte Antelao dirupò colpendo
nuclei abitati in Val Boite, franò anche la montagna dall'Aiarnola alla croda
di Campo e di Tacco e le macerie colpirono in parte la villa di Padola,
ostruirono il torrente omonimo e risalirono oltrepassandolo Dosoledo. Padola
venne danneggiata nei casolari a sud, nella zona detta poi di Masariò, ossia
delle macerie.
(...come ricordiamo il recente terremoto del Friuli, così la storia
conferma quella terra come epicentro dei terremoti che si "fanno
sentire" anche nei nostri paesi)
-il 5 febbraio 1353, Prè Nicolò, Pievano del
Comelico oriundo di Udine e quinto Pievano di S. Stefano è ricordato, perchè
assistette nella villa Dugonio e nella loggia di Giovanni Lando, al matrimonio
di Benvenuta, sorella di Giovanni, con Giovanni Zaccaria, da Costalissoio.
(...questo ci conferma che circa 700 anni fa il cognome Zaccaria
era ben definito nel nostro paese)
- nel gennaio 1356 cadde molta neve che giunse alla gronda degli stabili e si dovette gettarla dai tetti per evitare il crollo dei fabbricati.
-1360: in quest'epoca il cronista Monti segna di aver trovato in Cadore il primo documento in lingua italiana (prima e anche dopo si usava il latino) e consisteva in un atto di affittanza di beni della chiesa di S. Stefano del Comelico.
-31 gennaio 1361: Il Patriarca Ludovico della Torre, milanese, conferma lo statuto dato dal suo predecessore, che i cadorini non siano tenuti a sgombrare dalla neve le strade fuori dal loro territorio e che nessun forestiero possa aprire o fare strade nei boschi dello stesso Cadore.
...da una ricerca sul "IL GAZZETTINO"
28-09-1913
IL TELEFONO NEL CADORE
Quattordici nuove congiunzioni
I Comuni cadorini (Vodo, Valle,
Domegge, Lozzo, Vigo, S.Stefano, S. Pietro, Sappada, Danta, S.Nicolò, Candide)
ricevettero dai telefoni dello Stato comunicazione della spesa che devono
sostenere (il 50 per cento) per le nuove congiunzioni telefoniche da essi
desiderate.
Ecco l'elenco dei nuovi collegamenti:
1. ..............
..................
8 di Costalissoio a S.Stefano L. 830
..................
Ora detti Comuni o Frazioni devono affrettarsi ad inviare i
rispettivi importi alla Tesoreria di Belluno, senza di che i lavori non vengono
iniziati e si arrischia di passare l'autunno senza frutto e di tardare i
collegamenti fino alla primavera.
.............
(...evidentemente nessuno pagò la quota stabilita tanto che il telefono giunse "da Canzio" solo dopo la seconda guerra mondiale)
11-04-1914
NUOVO ACQUEDOTTO
COSTALISSOIO - Un lavoro importante verrà fra poco eseguito in questo villaggio: la costruzione cioè di un nuovo acquedotto in tubatura di ferro, che sarà acquistata direttamente ed approntata sul luogo dall'amministrazione comunale e la cui sola messa in opera viene appaltata per lire 5040,22.
STRADA CAMPITELLO-COSTALISSOIO
...circa il 1850 La strada era lunga circa 1700 metri.
Una larghezza di mt. 1,50 ed in alcuni tratti ancora meno. Un fondo
stradale (...mulattiera) che sembrava il letto di un rio. La pendenza in
alcuni punti anche del 60% e curve strette che spesso i carri
stentavano a superare. |
....pillole di storia tratte da " L'Amico del Popolo" del 1912
* x Titta Melecca deve intendersi "Titta Melena"
...sempre sulla stessa pagina de "L'amico del Popolo"......
...allegri quelli di Casada.... |
...da APPUNTI STORICI pubblicati sul "Bollettino Parrocchiale " del giugno 1960 dal Parroco don Aurelio Frezza
Trascrivo alcune notizie di carattere generale........
Anzitutto ecco un riassunto delle varie denominazioni politiche. Le valli del Cadore e del Comelico videro insediarsi gruppi di Illirici (Dalmati, Albanesi) e di Veneti ancor prima dell'arrivo dei Romani. Costoro piantarono una stazione militare nel Friuli (Forum Julium Carnicum, l'odierna Zuglio ), dalla quale dilagarono nelle zone vicine. Li seguirono i Longobardi ( che venivano dalla Germania ; Re Alboino, 568), che lasciarono larghe tracce nella lingua e negli usi e costumi. Più tardi arrivarono e si impadronirono del Cadore i Franchi (Carlo Magno, 800 d.C, che fondò il Sacro Romano Impero, di cui il Cadore fece parte per lungo tempo).
Nel 1077 l'Imperatore Enrico IV fece donazione del Cadore al Patriarca di Aquileia, il cui dominio politico si svolse fino al 1420, a volte direttamente, a volte ( 1138-1335) a mezzo dei Conti Da Camino, suoi feudatari.
Con la caduta del Patriarcato d'Aquileia (1420), sottentrarono a governare queste popolazioni e a sfruttare queste valli e questi monti i « boni venetiani » (ricordiamo i legnami e le antenne fornite alle navi della Serenissima), poi i Francesi con Napoleone (nel 1798 arrivarono fin quassù a requisire l'argenteria di chiesa, come trovo scritto), e finalmente gli Austriaci, che sé ne andarono con l'ultima guerra di indipendenza (1865).
* * *
Dal punto di vista dell'organizzazione ecclesiastica, sappiamo che i nostri paesi dipendevano dal Patriarcato di Aquileia (1077-1420) e poi passarono sotto la giurisdizione della Diocesi di Udine ; infine, nel 1847, furono aggregati alla Diocesi di Belluno.
Il Cristianesimo raggiunse abbastanza rapidamente le popolazioni insediate fra questi monti. L'organizzazione ecclesiastica (creazione e riconoscimento delle parrocchie) fu invece più lenta.
Fino al 1208, tutti i piccoli centri abitati e le relative chiesette dipendevano dal Plebanus di Pieve di Cadore, quali cappellanie o curazie. In quell'anno, il Plebanus o Arcidiacono di Pieve, Stefano « chierico romano » rinunciava al suo diritto di giurisdizione su S. Stefano del Comelico (a causa della distanza e delle difficoltà di comunicazione) a favore di Odorico, sacerdote, ivi dislocato, che assunse il titolo di Plebanus o Pievano, anche lui (così come avvenne per altri 6 centri del Cadore, i cui Parroci anche oggi conservano il titolo di Pievano.
N.B. • La popolazione si chiamava Plebs - Plebe e chi la governava non poteva che chiamarsi Plebanus - Plebano - Pievano.
Le altre parrocchie del Comelico si formarono e si staccarono da Stefano gradualmente e lentamente, non senza difficoltà e dolore per la Matrice.
Nel 1847, quando il Comelico passò alla Diocesi di Belluno, le parrocchie erano soltanto due (S. Stefano, 1208, Comelico Superiore, 1636) più la Curazia di S. Nicolò (1670), da cui dipendeva Danta.
Oggi le parrocchie sono 10 : oltre le due
nominate e S. Nicolò diventata parrocchia due anni fa, esse sono: S. Pietro
(1857), Danta (1861), Padola (1939),
Costalta (1943), Costalissoio - Casada (1950),
Campolongo (1955), Dosoledo (1962).
Mappa del 1777 - Comelico...Costalissoio viene chiamato Costabison o Costalison....