La tradizione delle rotelle infuocate  "Zidole" - Cidole

(Zidole per chi non consce il nostro dialetto si pronuncia con z: spirante sorda iterdentale con pronuncia analoga al th dell'inglese thing, thanks (...da Piergiorgio Cesco Frare))

24 giugno S. Giovanni Battista - vigilia della monticazione del bestiame - alpeggio nelle malghe.

Le origini e il significato verrà approfondito sotto la descrizione di quanto, in maniera molto semplice, si proponeva nel nostro paese.

Erano i "fuochi artificiali dei poveri"  antesignani di quanto si propone in questi tempi moderni a Ferragosto.
L' occasione, sopratutto per i giovani di unirsi e fare festa. Accanto al falò non mancava il vino.
Ai paesani, ai ragazzi disposti sulla strada in basso, il divertimento nell'apprezzare il passaggio di una "palla di fuoco" che tracciava una scia luminosa determinata dalla schegge-faville che si perdevano nell'aria e cadenti nel prato sottostante.
 Apprezzata la lunghezza del lancio con un :
"aaah... che bela chësta !".

All'imbrunire, sopra la cava di pietre e sabbia che per anni ha fornito il materiale per la costruzione delle vecchie case in sassi, il posto è chiamato "Croda Palomba", veniva accesso un grande falò.
 Serviva a rendere infuocate le "Zidole" e prepararle per il lancio.

 

Nella foto la strada oltre il paese verso Costalta come si presentava nei primi anni '50 (1950) termine ultimo di questa tradizione.

                                                   ...ben visibile sopra la strada la cava>>>

Questi gli elementi e la simulazione...

"Zidola"

Rondella di abete di circa 10 cm. di diametro e 3cm. di spessore...

...arroventata nel fuoco...

                                  simulazione del lancio >>>>

La zona evidenziata nella foto attuale, nella foto del 1916 il tentativo di rappresentare quanto visibile all'imbrunire.
Il lancio doveva superare almeno la sede stradale diversamente era un "fiasco" e quindi lo "sfotto' fra  i partecipanti.

Da Costalissoio assistevano allo stesso "rito" che veniva proposto da quelli di Casada trovandosi in posizione favorevole.
Il lancio avveniva di fronte a Casada sulla costa che scende da Danta - Rovè  in zona "Ciampanele" che presentavo uno spazio erboso ora coperto dal bosco.
Pare che la tecnica di lancio sia simile a quanto si vedrà negli approfondimenti sottostanti riguardanti la Carnia, ovvero con Zidola bucata al centro.

Approfondimenti storici tratti dal web

Se si propone ai motori di ricerca il termine "cidola" appariranno molti link che trattano l'argomento e che si trovano sopratutto nella vicina Carnia compreso il nostro confinanate Forni Avoltri e via via lungo la cresta Carnica.
Vengono chiamate:  cidulos-cidul
as-cidulis, cidules, cidulinis, pirulas.

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Dal web un interessante studio da cui estrapoliamo le parti che più ci interessano.

(http://www.alessandronorsa.com/Antropologo/link/Norsa%20A.%20Rituali%20di%20fidanzamento%20e%20fuochi%20di%20S.%20Giovanni%20filologica%20friulana.pdf

RITUALI DI FIDANZAMENTO E FUOCHI DI S. GIOVANNI: CONTINUITÀ E
DIFFERENZE FRA IL TERRITORIO FRIULANO E BELLUNESE IN UNA
PROSPETTIVA EUROPEA
Alessandro Norsa

...INTRODUZIONE
Durante i giorni che intercorrono tra il 21 ed il 24 giugno, si verifica un fenomeno astronomico
causato dall'inclinazione dell'asse terrestre e la distanza della Terra dal Sole: il Sole, sorgendo e
tramontando sempre nello stesso punto, sembra fermarsi. Questo periodo, definito proprio per
questo motivo “solstizio” (1), è il momento dell'anno in cui il giorno è più il lungo e la notte è la
più breve; da questo momento in poi la luce durante le giornate inizia a diminuire, per concludere il
suo ciclo con il periodo invernale che inizia con il 21 Dicembre (equinozio), quando si innesca il
rapporto inverso.

....Dalla constatazione della variazione della quantità di luce del periodo dell’anno che stiamo
analizzando nacquero i primi rituali propiziatori relativi al solstizio. I dati storico-religiosi
documentati ascrivibili all'antichità più attinenti al nostro discorso rinviano all'epoca romana. Nel
calendario romano la data del 24 giugno è indicata come "solstitium", ma anche come "lampas", o
addirittura come "dies lampadarum". La designazione del solstizio come "lampas" e l'usanza,
attestata fino ai tempi più recenti, di portare fiaccole accese (lampades) per i campi nel giorno di
San Giovanni, indica anche che nell'intero ambito di cultura romana, già da lunga, data il periodo
del solstizio estivo conosceva pratiche rituali volte alla purificazione dei campi e del raccolto.

...Sia nella forma di falò accesi in punti speciali, sia di torce portate da un
posto all'altro, o di braci e cenere tolte dal rogo semispento, il fuoco è considerato promotore della
crescita dei raccolti, e del benessere dell'uomo e delle bestie, o positivamente stimolandoli, o
negativamente eliminando i pericoli e le calamità che li minacciano da cause come tuoni e lampi,
incendi, muffa, insetti, sterilità, malattia e, causa sentita non minore delle altre,la stregoneria.

...Nelle feste che analizzeremo si associa comunemente all'uso di accendere dei falò quello di far
roteare o rotolare le fiamme per le campagne e per i pendii. Pertanto, se si accetta la teoria solare
dei fuochi con i suoi influssi positivi è necessario applicarla anche alle torce o ad altri fuochi in
movimento, che sarebbero un mezzo per diffondere in lungo e in largo la benefica influenza della
luce del sole, di cui le fiamme agitate non sarebbero altro che una debole imitazione.

...Sono due le tipologie delle manifestazioni di questo evento: a) eventi che prevedevano l’accensione
di falò ed il lancio di dischi infuocati; b) eventi che prevedevano solamente pire infuocate.

...Per ciò che riguarda i nomi che venivano dati agli oggetti (per lo più a forma di rotella) possiamo
annoverare (procedendo da Est ad Ovest): Sciba (Camporosso); Scaletis (Pontebba e Moggio);
possono essere indifferentemente chiamate Piruletis, Pirletis, Rochetis (Venzone); Sturlètis
(Bevorchians e Dordolla); Cidules (Illegio, Arta, Sutrio ed il Basso Bùt: Fusea, Terzo, Sezza);
la variante Cidulas (nella bassa Valle del Chiarsò fino a Trelli); Pìrulas (nella stessa valle
dopo Trelli); Cidulis (Sauris); Zide, Zidèle (Casada); Sidèle, Fidele (Calalzo e Sottocastello);
Sidèle (Pieve di Cadore e Tai); Zidèle, Fidele (Pozzale); Rodèle o Zidèle (Rocca Pietore).

...in generale nel territorio friulano da un declivio nei pressi del
paese, i ragazzi del luogo (i cosiddetti cidulars, che in alcuni luoghi, prima dell'abolizione del
servizio di leva, erano i coscritti), dopo aver acceso un fuoco visibile dal paese, lanciavano dei
dischi di legno (solitamente abete o faggio) detti lis cidulis (o le varianti già osservate) a cui veniva
dato fuoco. Secondo la tradizione, ad ogni lancio si accompagnava una filastrocca (raganizza)
benaugurante o umoristica nei riguardi di una coppia reale o inventata, o la rivelazione di un amore
altrui tenuto fino a quel momento nascosto, fatto questo che costituiva una specie di pubblica
censura.

...L’evento era una sorta di gara di forza e destrezza tra i
ragazzi del paese per far roteare la cidola più lontano possibile.
Nel Basso Bùt la forma delle cidules era quadrata, sempre della stessa forma erano le pirulas
nella Valle del Chiarsò. A Illegio i lanci erano ripetuti per S. Ermacora e S. Giacomo:
ne venivano preparate di diverse misure, in gradazione, e la più grande, la Cidulona o
Cidulòn, era in onore di S. Giovanni.

...A Rocca Pietore, nell’Alto Agordino, alla vigilia di San Giovanni, i ragazzi, specie i coscritti,
salivano su un colle poco lontano dal paese e accendevano un grande pira; quindi appiccavano
fuoco alle rodèle (dette anche zidèle) e, dopo averle fatte roteare in aria, le lanciavano verso le
pendici del colle (7).
A Pieve di Cadore venivano lanciati dischi infuocati, dal Col della Campana, con un bastone di
nocciolo. Ogni lancio era dedicato in onore del Santo: “Tira tira la sidèla, sulla porta dei cristiani,
viva, viva San Giovanni”. Lo stesso per quanto riguarda i fuochi avveniva anche a Tai, a
Sottocastello ed a Calalzo. Le fidèle venivano scagliate con forza in questo giorno anche da
Pozzale; la trascrizione delle frasi rituali che parte dei ricercatori che hanno precedentemente
documentato i riti, non lascia ancora trasparire con chiarezza eventuali finalità relative all’unione di
giovani coppie.
A Casada si preparava un fuoco dove si facevano accendere le zide di pino che venivano lanciate
nel vuoto e dirette attraverso un’asse di legno sulla quale rotolavano. La sera i ragazzi rimanevano
nel campo a cenare e ballare, non una presenza come pure a Costalissoio, di invocazioni al Santo o
riferimenti a possibili fidanzamenti; cosa che invece avveniva Campolongo.

...Per realizzare “las cidulas”, si prendeva un ramo di legno di abete asciutto e secco, di circa 10-12
centimetri di diametro e se ne ricavavano tante piccole ruote, di circa due centimetri di spessore.
Le rotelle venivano poi bucate nel centro, infilate su di un bastone e si lasciate cadere nel fuoco.
Quando erano infiammate, si posavano su una tavola un po’ inclinata e venivano poi prese in mano
per lanciarle il più lontano possibile. Nel momento precedente ad ogni lancio, mediante un imbuto,
venivano gridati i nomi delle coppie di fidanzati.

...La presenza del rito dei lis cidulis nel giorno di San
Giovanni è risultato un dato statisticamente relativo se viene considerato il rito su proporzioni
europee; significativo in relazione all’estensione del rito in area Friulana/Cadorina.

...la presenza di lancio di rotelle infuocate nella notte di San Giovanni con rituali di fidanzamento
riscontrati in questa ricerca sono prevalentemente in Carinzia (Austria), la regione Austriaca con
cui confina il Friuli, e ad est l’area che un tempo era carinziana della Slovenia.
Se questa ipotesi dovesse essere confermata, sulla traccia di questa tradizione, si evincerebbe una
appartenenza culturale che abbraccia la Carinzia, il Friuli ed il basso Cadore, mentre Cortina
potrebbe essere idealmente culturalmente più vicina al Tirolo.

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(http://digilander.iol.it/forniavoltri/forni.htm#cidulos)

FORNI AVOLTRI   

Tîr des cidulos
IL LANCIO DELLE CIDOLE

Non è improbabile che questo straordinario rito celtico, che in altri villaggi della Carnia è noto come: cidulis, cidules, cidulinis, e scjalètis, tragga le sue origini da un rarissimo fenomeno astronomico che in un lontano passato può aver stravolto i nostri Avi Carni: il passaggio di una bellissima cometa. A Paularo il rito delle "Pirulas" si celebra in più di un'occasione, nei mesi di giugno e luglio.

La nostra "quadrella" è realizzata con legno di faggio ben stagionato, ed il suo lato è di circa 7 centimetri ed il suo spessore è di cm 2. Al suo centro è praticato un foro circolare per consentirne il lancio mediante un bastone flessibile. Una delle due facciate quadrangolari viene smussata in modo da ottenere un tettuccio piramidale, che consentirà alla quadrella un volo più lungo e più stabile. Il leggero ostacolo alla penetrazione dell'aria, causato dai suoi quattro spigoli, provoca la caratteristica "doppia coda luminosa" che rende l'oggetto infuocato molto simile ad una minuscola cometa. Una verga di orniello appena recisa (lo stombli), della lunghezza di m.1,50, è la molla che dà l'incredibile spinta verso il cielo alla nostra "cicindela". L'abbrivo è favorito da una perfetta battuta di lancio effettuata sopra ad una tavola di legno (la muša), disposta in posizione leggermente rialzata in direzione del fondovalle. Sono gli anziani gli esecutori più esperti nel realizzare le rinomate quadrelle, e per tempo ne preparano una grande quantità. Al termine dei lanci ufficiali le "pirulas" che sopravanzano verranno regalate ai più giovani per il loro allenamento. Sono ancora diversi i borghi della Valle del Chiarsò i cui abitanti, sorretti dal profondo stimolo del "Sânt scugnÎ fâ!" (del "Santo dover fare!"), dedicano tempo e fatica per celebrare l'antico rito in onore di Beleno.

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(http://www.mondodelgusto.it/2010/12/29/fuoco-amore-pace-provincia-udine/)

Il fuoco: amore e pace in provincia di Udine

Il fuoco è un forte elemento simbolico e il suo utilizzo è legato molto spesso alla tradizione e alla cultura popolare e oggi parliamo di una tradizione molto spettacolare: il “lancio das Cidulas” nel comune di Comeglians. Il lancio das Cidulas si collega ad una tradizione antichissima (ve ne è testimonianza già a partire dal 400 d.C.) che annualmente si ripete nel territorio di Comeglians, precisamente il 31 dicembre nelle frazioni di Povolaro e Maranzanis, il 5 gennaio a Tualis e il 6 gennaio a Comeglians.

È un rito del fuoco e di corteggiamento, un rito di passaggio e di celebrazione dell’unità e della solidarietà del villaggio. Al calar della sera, in cima ad un’altura prospiciente il paese, viene acceso un falò dove si arroventano le cidole (dischi di legno, di faggio o abete) che poi vengono lanciate a valle durante la notte, mentre viene gridata una dedica all’indirizzo di una coppia. Contemporaneamente un gruppo di giovani si reca in questua di casa in casa al suon della fisarmonica.

 

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(http://www.friulinelmondo.com/assets/files/FNM%20marzo%2009.pdf)

Presentazione del libro “CIDULAS” - La tradizione delle rotelle infuocate di Barbara Bacchetti

(foto Piero Favero).

Il 4 gennaio 2009 a Comeglians, alla presenza del presidente della Provincia di Udine Pietro
Fontanini e del sindaco Flavio De Antoni, è stato presentato, “Cidulas – La tradizione
delle rotelle infuocate”. Autrice dell’opera è Barbara Bacchetti, studiosa di tradizioni popolari
laureatasi all’Università degli Studi di Udine con una tesi relativa ad alcuni riti della
montagna friulana. La scrittrice ha focalizzato l’attenzione su un particolare rito, quello del
lancio delle “cidulas”, pezzi di legno, di forma tonda o quadrata che, dopo essere stati arroventati
su un falò, acceso per l’evenienza dai coscritti d’annata, vengono tirati da un’altura
verso valle, con l’accompagnamento di dediche. Un rito tuttora in uso in Carnia e in alcune
zone del Canal del Ferro, Cadore occidentale, Valle dell’Isonzo, Carinzia e Carmola.
Il libro della Bacchetti è una guida alla scoperta di questa tradizione, concepito per tutti
coloro che intendono avere un approccio con queste realtà. Per questo motivo il libro
contiene una parte esplicativa nella quale viene specificato, in generale, lo svolgimento del
rito. Nella parte iniziale si trova la descrizione delle varie tipologie di “cidulas”, che sono
costituite da dischi di legno ricavati da rami di abete (peç), dal diametro compreso fra i 5 e
i 15 cm e uno spessore di 1 o 2 cm, e che presentano, a volte, un foro centrale. Ve ne sono
altre, di forma quadra, realizzate in faggio (vespul), che hanno la misura delle diagonali
equivalente al diametro di quelle circolari, hanno forma biconica, spessore di 2 cm al centro
e di 1,5 cm sui bordi, e sono pertanto di più difficile realizzazione rispetto a quelle tonde.
La prima fase del rituale consiste nel giro del paese, nella visita alle singole case del borgo,
cui partecipano i coscritti nel giorno stabilito per la festa. In realtà, a causa dello spopolamento,
spesso i coscritti d’annata sono in numero insufficiente o addirittura non ce ne
sono, cosicché a essi si accompagnano altri giovani celibi residenti in paese. Recentemente,
sempre più spesso, a questo “giro” prendono parte anche le ragazze.
Con il calare della sera viene acceso, in una zona sopraelevata rispetto al centro abitato, un
piccolo falò, alimentato con materiale legnoso recuperato nei dintorni, sul quale vengono
arroventate le rotelle. Qualche persona si raduna in un punto strategico, in prossimità del
fuoco, per ascoltare le frasi pronunciate a ogni lancio. Ogni “cidula”, tolta dal fuoco e lanciata
in aria sovente in concomitanza con lo sparo di mortaretti, è accompagnata da una
dedica in cui vengono accoppiate due persone, generalmente un uomo ed una donna. La
rotella viene “gridata” prima del lancio con formule diverse, che variano in base alle località,
ma sempre con un tono di voce roca che sembra uscire dal bosco. Una volta terminato il
lancio, i partecipanti fanno ritorno in paese per ballare e far festa. Dal secondo dopoguerra
ad oggi, molti paesi hanno lasciato che questa tradizione decadesse, spesso sostituita da
fuochi artificiali e fiaccolate, mentre altri lo hanno rivitalizzato, spostando le date tradizionali
di scadenza del rito nei giorni festivi. Scadenze ricorrenti del lancio delle “cidulas”
sono il 5 gennaio, le festività di S. Giovanni e S. Pietro, S. Giuseppe e Capodanno, in date
cioè legate a una festa religiosa. Ma in prevalenza il rito si concentra intorno ai solstizi. Nel
corso del tempo sono state formulate varie ipotesi sulla nascita di questo tradizionale rito,
prima fra tutte quella dello storico Pier Silverio Leicht che, nel 1907, parlò di un’origine
celtica di questa tradizione. Secondo la sua tesi le rotelle infuocate sarebbero la testimonianza
di un antico culto di celebrazione di una divinità solare, rappresentata nelle sue
caratteristiche: il cerchio e il fuoco.
Nel 1932, Giuseppe Vidossi formulò un’ipotesi diversa rispetto a quella del suo predecessore,
basata su fonti di area germanica, a sostegno dell’origine tedesca della tradizione.
La sua tesi è supportata, in particolare, da considerazioni di natura geografica, dal momento
che le “cidulas” sono presenti in Carnia e nel Canal del Ferro mentre, oltralpe sono
diffuse in un’area molto più estesa. Avvalendosi di dati storici relativi a una germanizzazione
delle popolazioni slave provenienti da sud-est e insediatesi, in tempi remoti, entro i
confini dell’attuale Carinzia, Milko Maticetov dimostra l’importanza di questa mediazione
slava tra i carnici e le popolazioni tedesche responsabili di aver diffuso il rito delle rotelle
infuocate oltre i propri confini. Una volta discussa, ma non completamente chiarita, la
questione delle origini, si cerca di interpretare e capire da dove possa discendere il termine
“cidulas”. esso viene tendenzialmente accostato a cidèl, che ha il significato di pasticca ed
è un termine proprio di tutta la zona veneta. Ma, nonostante tutti i tentativi di accostamento
l’etimo rimane, per ora, sconosciuto, anche se molti studiosi sono propensi a credere
che si tratti di voce pre-romana. Rimane da spiegare perché il nome, con cui si definiscono
principalmente le rotelle infuocate, cioè “cidulas”, sia così ampiamente diffuso, a discapito
delle svariate denominazioni locali.
Ciò sicuramente dipende dal successo di un racconto del 1845 di Caterina Percoto in cui,
per la prima volta e in forma letteraria, venne descritto il rito, favorendo l’accesso a importanti
informazioni sui ruoli riservati agli abitanti del paese. Sta di fatto che il termine
“cidulas” viene usato in numerose località della Carnia, mentre in altre, le rotelle infuocate
vengono chiamate scaletis come a Pontebba e Moggio Udinese, sciba a Camporosso, fogulis
a Stazione Carnia. Nella zona di Paularo vengono denominate pirulas. Nel secondo
capitolo vengono presi in considerazione 16 località in cui è ancora viva la tradizione: Comeglians,
Mione, Pesariis, Givigliana, Forni Avoltri, Ravascletto, Vinaio, Avaglio, Timau,
Cleulis, Cercivento, Paularo, Rivalpo, Arta Terme, Moggio Udinese e Gniva, in Val Resia.
Per ognuna di queste località vi è una descrizione di come si svolge il rito e le particolarità
che lo differenziano dagli altri. Nel terzo capitolo si mette a confronto la tradizione con altre
similari contermini. In particolare, si prendono in considerazione dei lanci, da un’altura,
di rotelle infuocate, anche di notevoli dimensioni, che un tempo avvenivano in molte zone
dell’Europa, come in Germania, Inghilterra, Francia, Svizzera e Austria, con scopi propiziatori,
per avere annate favorevoli e ottenere buoni prodotti dalla feconda terra. Esiste una
tradizione popolare, conosciuta in Trentino come Tratomarzo e in Veneto come Brusamarzo,
durante la quale i giovani, davanti ad un grande falò, “gridano” i nomi di ragazzi e
ragazze in età da marito, allo scopo di favorire futuri accoppiamenti matrimoniali.
Particolare rilievo, nell’ambito della tradizione delle “cidulas”, va dato al comune di Comeglians,
ente capofila per la salvaguardia e la valorizzazione del rito. Nel paese carnico, vengono
annualmente organizzati convegni sull’argomento, alla presenza di illustri ricercatori
e antropologi provenienti dal Friuli e dalle regioni contermini. Nel 2007 l’Amministrazione
Comunale ha indetto il 1° concorso, intitolato “I frutz e las tradizions...las cidulas”, al
quale hanno partecipato gli allievi delle le classi e della scuola primaria e secondaria dei
comuni di Comeglians, Ovaro, Rigolato e Forni Avoltri. La prova consisteva nell’esecuzione
di un disegno, da sviluppare su un tema libero relativo al fuoco, oppure di rappresentare
i vari momenti della tradizione delle rotelle infuocate. Un modo per comprendere quali
sono i meccanismi attraverso cui la vita comunitaria modella la personalità di bambini e
adolescenti, plasmandone i ruoli, rendendoli consapevoli e partecipi della vita di comunità.
Questo concorso ha raggiunto lo scopo di valorizzare il ruolo dei bambini che, in maniera
del tutto originale, hanno trasmesso agli adulti con la naturalezza, la genuinità e la spontaneità
che caratterizzano la loro età i contenuti delle tradizioni.

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(http://montagnasenzaconfini.it/evento.aspx?id=29)

Il lancio "das Cidulas" si collega ad una tradizione antichissima (ve ne è testimonianza già a partire dal 400 d.C.) che annualmente si ripete nel territorio di Comeglians e precisamente il 31 dicembre nelle frazioni di Povolaro e Maranzanis, il 5 gennaio a Tualis e il 6 gennaio a Comeglians. E' un rito del fuoco e di corteggiamento, un rito di passaggio e di celebrazione dell'unità e della solidarietà del villaggio.
Al calar della sera, in cima ad una altura prospicente il paese, viene acceso un falò dove si arroventano le cidole (dischi di legno) che poi vengono lanciate a valle durante la notte mentre viene gridata una dedica all'indirizzo di una coppia.
Contemporanemanete un gruppo di giovani si reca in questua di casa in casa al suon della fisarmonica. L'evento è organizzato con la collaborazione del Comune e della pro Loco di Comeglians.