Una storia quasi dimenticata ...

se non ci avesse pensato "madre natura" una delle nostre valli più belle sarebbe stata stravolta

LA DIGA DELLA VAL VISDENDE

La storia è ben conosciuta da chi viaggia nella "terza età" ma spesso non trasmessa ai giovani perchè per fortuna non realizzata.

Ripassando  gli avvenimenti descritti nel bollettino parrocchiale del 1957, don Aurelio Frezza riporta queste righe come notiza:

"In Val Visdende, la SADE, in seguito ai sondaggi effettuati in vista della costruzione del bacino idroelettrico, ha avuto la sorpresa di trovarvi sopra un vasto bacino d'acqua sotterraneo. Infatti, rotta la crosta, l'acqua sgorgò e continua a sgorgare fuori, con forza e abbondanza. Non sono valsi forti quantitativi di ghiaia e cemento a chiudere la bocca di uscita. La SADE è perplessa, perchè continuando l'erosione del sottosuolo, può operarsi in seguito lo sfondamento della crosta e il futuro bacino diventerebbe inutilizzabile.
Naturalmente il fatto non spiace ai molti, privati e Enti, interessati che la valle resti com'è.
anno1957"

Questo il progetto che perde chiarezza "a forza" di fotocopie.

Il titolo del progetto: "Lago artificiale in Val Visdende per l'impianto idroelettrico progettato dalla S.A.D.E. (Società Adriatica di Elettricità - Venezia, che poi in seguito alla nazionalizzazione della produzione di energia elettrica (1962) viene incorporata in ENEL).

Studio Tecnico dott. ing. Mario Baratto

Quota di invaso = mt. 1281 ; superficie interessata dall'invaso = ha. 190.

Dal progetto e dai dati possiamo rilevare che: lo sbarramento in terra battuta si sarebbe posizionato a Cima Canale poco oltre l'albergo posto a sinistra della strada di accesso (da Genesio?); che vista la quota di Cima Canale: 1250 mt. avrebbe avuto una altezza di circa 30 metri; che il lago si sarebbe sviluppato fin sotto la chiesetta di Pra Marino lambendo quel gruppo di case, avrebbe sfiorato Pra della Fratta e si sarebbe portato alla base della salita che porta a Costa d'Antola risparmiando Costa Zucco. Un ramo si sarebbe diretto un po' verso la foce del torrente Londo che si getta nel "Cordevole".

In ipotesi, con simulazione su foto fatta da Malga Campobon la nostra Val Visdende si sarebbe presentata circa così:

I lavori iniziano di fatto, impresa Monti-Auronzo, con la costruzione della galleria destinata a portare le acque di scarico alla centrale elettrica che sarebbe sorta in fondo al "Cianà" - Ponte Cordevole, dalle parti dove ora sorge il campeggio. Una galleria fatta a regola d'arte, ben visibile anche ora, che penetra nella montagna (Col Curiè) per più di cento metri.
Queste le immagini:

Iniziano i sondaggi del terreno nella zona adiacente al Cordevole (Piave di Visdende) dietro la locanda "da Gasperina". Le trivellazioni fanno emergere l'esistenza di  un "lago" o comunque un bacino naturale sottostastante.  Dalla crosta forata, come riportato dal bollettino parrocchiale, "l'acqua sgorgò abbondante", tanto che si ricorda che la trivella lasciata li la sera, al mattino era stata "inghiottita". Si ricorse allora con camion di ghiaia, argilla e quant'altro a tappare la falla. La cosa non risolse del tutto il problema, tanto che negli anni seguenti, a probabili adduzioni di acqua sotterranea che aumentavano la pressione del bacino, l'acqua continuava a sgorgare ed a volte con probabili crolli di terra argillosa all'interno del bacino stesso, usciva un'acqua limacciosa che inquinava il Piave con moria di trote. Si ricorda che in queste occasioni era stato impegnato un signore della valle che con un cavallo, gettava "nel buco" quelle che sembravano balle di paglia o qualcosa di simile che venivano fornito dalla società elettrica al fine di filtrare l'acqua in uscita. Inizia anche una azione delle amministrazioni locali tendenti ad ottenere dal ministero della Pubblica Istruzione (evidentemente a quel tempo....) lo stato di vincolo paesaggistico della valle, al fine di evitare la costruzione della diga.
Così dalla Gazzetta Ufficiale la richiesta della provincia di Belluno:

Commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali della provincia di Belluno
Verbale n. 14 della riunione della Commissione.
L'anno 1957 addì 2 del mese di febbraio alle ore 10 nella sala di riunione dell'Amministrazione provinciale di Belluno, si è riunita la Commissione provinciale per la tutela delle bellezze panoramiche, previo invito scritto
.......
OGGETTO: Vincolo panoramico della Val Visdende.
La Commissione
richiamata la propria deliberazione 8  gennaio 1955, concernente l'oggetto, rilevato che la Val Visdende è considerata non solo fra le migliori d'Italia ma addirittura del mondo come lo dimostra anche la vasta letteratura in proposito italiana e straniera,
su richiesta dei sindaci dei Comuni interessati di Santo Stefano e San Pietro di Cadore e con unanime votazione da parte della Commissione:
delibera
di chiedere al Ministero della Pubblica istruzione la notifica paesistica  della Val Visdende di Santo Stefano di Cadore e di San Pietro di Cadore, a norma degli art.1, comma quarto, della legge .........con la seguente delimitazione: linea ideale delimitante la zona della val Visdende, sita nell'ambito dei Comuni di S.Pietro e di S. Stefano di Cadore........e con la seguente motivazione:
La Valle Visdende, nell'ambito dei Comuni di Santo Stefano e San Pietro di Cadore, dai cui sindaci è stata avanzata la proposta di vincolo, è formata da un altipiano vastissimo coperto di selve e circondato da una interessante corona di montagna, dominata sullo sfondo dal Monte Peralba.
La valle ancora selvaggia è di una bellezza suggestiva in cui si gode un senso di grande pace fra i suoi vasti boschi ed i suoi pascoli. Essa è considerata una delle più belle valli d'Italia e, pertanto merita la necessaria tutela della legge sul paesaggio, atta a conservare l'asprezza particolare della sua fisionomia, il corso permanente del fiume che a fondo valle esprime il suono e il muggito del frangente delle acque.
L'ing. Guglielmo Zadra formula riserve circa gli impianti della Sade già autorizzati o in corso di autorizzazione.
(omissis).
Eseguito l'ordine del giorno, il Presidente dichiara chiusa la seduta.
Il Presidente: avv. Carlo Protti.

...e arriva il decreto ministeriale:

IL MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE di concerto con LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI-Commissariato per il Turismo

Vista la legge....sulla protezione delle bellezze naturali; Visto il regolamento....per l'applicazione della legge predetta;
Considerato che la Commissione provinciale di Belluno per la protezione delle bellezze naturali, nella adunanza del 2 febbraio 1957 ha incluso nell'elenco delle cose da sottoporre alla tutela paesistica compilato ai sensi dell'art....., la zona della Valle Visdende, sita nell'ambito dei comuni di Santo Stefano di Cadore e San Pietro di Cadore;
....
Riconosciuto che la zona predetta ha notevole interesse pubblico perchè con la natura particolare del terreno posta su un vasto altipiano, coperta di selve e circondata da una corona di montagne, oltre a formare un quadro naturale di non comune bellezza offre numerosi punti di vista accessibili al pubblico dai quali si può godere un ampio e profondo panorama;
Decreta:
La zona, sita nei territori dei comuni di Santo Stefano di Cadore e San Pietro di Cadore, delimitata da una linea ideale che va dalla strada provinciale Santo Stefano-Sappada, in località Cordevole, a Monte Rinaldo-Monte Franza-Col di Caneva-Monte Peralba-Monte Oregone-Monte Pietra Bianca-Monte Antola-Monte Val Comune-Monte Cecido-Forcella Dignas-Monte Palombino-Crode di Longerin-Monte Schiaron-Monte Zovo-Col della Sentinella-Monte Curiè-strada provinciale Santo Stefano di Cadore-Sappada, in località Ponte Cordevole, ha notevole interesse pubblico ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 ed è quindi sottoposta a tutte le disposizioni contenute nella legge stessa.
......
La Soprintendenza ai minumenti di Venezia curerà che i Comuni di Santo Stefano di Cadore e San Pietro di Cadore provvedano alla affissione della Gazzetta Ufficiale contenente il presente decreto.
.....
Roma addì 18 giugno 1958

Questo decreto ma sopratutto le difficoltà impreviste fanno desistere la SADE dal proseguimento dei lavori (Come detto nel titolo "madre natura" ci ha salvato dallo snaturamento della Val Visdende)

Ma le cose si trascinano ancora per anni nella zona dove la crosta era stata forata dalla trivella. Un transennamento della stessa fatto in maniera precaria affinchè persone o animali non finissero nella palude durò a lungo. Attorno agli anni 2000 la protesta dei viciniori e degli utilizzatori della zona fanno si che l'ENEL provveda ad una sistemazione dell'area.
Si può ora osservare anche dalla strada principale, con sguardo sul fondo dell'area camper "Gasperina", una rete metallica che chiude la zona e facendo una passeggiata sull'argine del torrente si possono osservare due tubi che da quella zona riversano l'acqua nell'alveo del torrente stesso.

...un po' di storia precedente tratta da:

Problema complesso e grosso quello del Bacino idroelettrico della Valle Visdende ! Oggetto di giu­stificato allarme da parte di tutta la popolazione del Comelico ed in principal modo per i Comuni di Comelico Inferiore, ed oggetto an­che di discussioni e commenti e di particolare interessamento. Anche nel mese scorso, nella sala consiliare del Municipio di S. Stefano, ha avuto luogo una importantissima riunione, nella quale, l'ap­posita Commissione di Istruttoria per gli impianti idroelettrici ha illu­strato la domanda della SADE di­retta alla costruzione d'una grande Centrale elettrica in località “Ponte della Lasta” e per il funzionamento della quale verrebbero raccolte le acque del fiume Piave, con i suoi affluenti: Silvella, Frison, Digon, Padola e Mauria. Tale importante progetto è col­legato con il serbatoio di riserva che dovrebbe esser costruito nella Valle Visdende. Erano presenti alla riunione gli Onorevoli Corona e Giorgio Bettiol, i Consiglieri Provinciali del Comelico, il Cav. De Zolt anche in rap­presentanza della Magnifica Co­munità Cadorina, tulli i Sindaci del Comelico, quello di Auronzo, tutti i Presidenti delle Regole del Comelico, nonché numerose altre per­sone interessate e che hanno nella zona opifici azionati idraulicamente. Il Sindaco Fontana di S. Stefa­no, ha dato lettura di una ampia e dettagliata relazione tecnica nella quale sono stati messi in evidenza i danni che. con il Bacino idroelet­trico della Valle Visdende, deriverebbero ai Comuni maggiormente interessati di S. Stefano, S. Pietro e Danta, relazione che ha trovato non solo la piena comprensione, ma anche la solidarietà di tutti i con­venuti, i quali hanno firmato la op­posizione, diretta al Ministero dei Lavori Pubblici - Divisione Acque ed Impianti Elettrici, tramite il Ge­nio Civile di Belluno. Hanno parlalo gli Onorevoli Bettiol e Corona. quest'ultimo anche a nome dell' Onorevole Riva e del Senatore Tissi, dal quali aveva mandato verbale di rappresentarli, entrambi promettendo il loro mas­simo interessamento. Trascriviamo integralmente la dettagliala esposizione del Sindaco del Capoluogo del Comelico:

A nome dei Comuni del Comelico e di quello di Sappada espon­go quanto segue, chiedendo che ciò sia inserito nel verbale di istruttoria. La presenza di così numerosi rappresentanti dei nostri paesi a questa istruttoria rende evidente la importanza che ora viene attribuita al fattore acqua. Se ci riportiamo al 9 settembre 1925, quando ebbe luogo analogo convegno per l'identico problema, e ricordiamo che allora vi partecipa­rono due sole persone, e precisa­mente il Sindaco di San Pietro e quello di Sappada, si deve dedurre che in questo frattempo si è adegua­tamente sviluppata nei nostri abi­tanti una coscienza idraulica. Essi hanno finalmente capito quale im­mane ricchezza è racchiusa nell'ac­qua di questi innumerevoli ruscelli, che, scendendo dai frastagliatissimi spartiacque, man mano si raccoglie nelle diverse conche per poi precipitare entro gole e dirupi nelle in­cassate valli rumorosamente, ma purtroppo ancora inutilmente.

Proibito toccare quell'acqua perchè è tutta venduta.

Infatti dal 1922 tutti i corsi di acqua di queste valli sono in privi­legio delle Società Idroelettriche. Il privilegio arriva al punto che di detta acqua viene negato l'uso per bere. (v. Decreto Ministero Lavori Pubblici). Per i corsi d'acqua minori posti a monte delle grandi derivazioni che la iniziativa locale tentava di utilizzare con regolare richiesta, in­terveniva una ben congegnata organizzazione politica per far desti­nare la concessione a favore di So­cietà Idroelettriche (Risina - Pa­dola - Frison) anziché agli Enti locali ed il bacino idroelettrico della VALLE VISDENDE.

Il sistema politico del ventennio è valso anche a far rinunciare al Comune di S. Stefano Cadore, at­traverso il suo Podestà, all' ener­gia riservatagli come rivierasco, con la scusa che la linea di trasporto era troppo costosa: ma nessuno degli Amministrati fu allora inter­rogato per conoscere se era consi­gliabile rinunciare agli 664 mila Kwh effettivi che a L. 10 corri­spóndono a L. 8.640.000 annui di fronte a L. 1 milione che il Comune dovrebbe ora pagare alla SADE al prezzo di costo. Tentativi fatti in passato per in­dustrializzare le nostre valli sono finiti nel nulla perché l’acqua era indisponibile. Nell’immediato dopoguerra una grande industriale laniero si proponeva di estendere in questi luoghi che sarebbe riuscita provvidenziale per queste popolazioni, ma dovette desistere dal proposito perché l’acqua che gli serviva per forza motrice era indisponibile. Ora improvvisamente, dopo 30 anni di privilegio passivo, il privilegio diventa attivo, non certo a favore degli abitanti di queste valli, ma a favore di un complesso azionario idroelettrico, il quale in nome dell’interesse collettivo nazionale, farà finalmente tacere il fragore di queste acque, per obbligarle a produrre elettricità, trasportando lon­tano l'energia ricavata, vendendola a suo profitto forse anche in paese straniero.Di fronte a questo stato di fatto stanno elementi di diritto. Diritto di vita, prima di tutto, che scaturisce da quello che hanno queste popolazioni di ritrarre dai beni naturali del proprio suolo il proprio sostentamento: i boschi, i pascoli, le acque. Questi beni sono interdipendenti ed inalienabili, per queste popolazioni di montagna che vivono soltanto con essi. Non biso­gna dimenticare che la zona abi­tata da queste valli si sviluppa tra i 900 e 1400 metri sul livello del mare. dove l'agricoltura è rappre­sentata da pascoli e dai prodotti del bosco, per lavorare il legname occorre l'energia idraulica e per sviluppare il turismo è necessario non deturpare il paesaggio con pan­tani o rivi secchi. Che tutto questo fosse indispen­sabile a queste popolazioni lo rico­nobbe esplicitamente la Repubblica Veneta attraverso il Decr. 21 genn. 1663 con il quale veniva costituito il privilegio della libera disponibilità delle acque di questo territorio. Purtroppo da allora le condizio­ni non sono migliorate, anzi in rap­porto al progresso verificatosi nel frattempo in tutte le altre contrade, si deve constatare che questa stasi corrisponde ad un regresso. Di qui la ragione per cui queste popolazioni, attraverso i parlamen­tari qui invitati, chiedono alla Na­zione in nome della quale le So­cietà Idroelettriche dichiarano di operare, di non volerle depauperare di questi ultimi beni che sono la sola ragione che le trattengono arram­picate quassù.

Molto si è scritto e promesso in prò della Montagna, ma ben poco si è fatto.

Queste popolazioni chiedono, a questo proposito, che tra i beni ina­lienabili pervenuti a queste popola­zioni in virtù di antichi laudi e sta­tuti sia compresa anche l'acqua in consegna del citato Decreto della Repubblica Veneta, nel senso che, senza turbare il concetto della demaniabilità delle acque, sia riser­vata agli abitanti della Comunità Cadorina la prelazione sull'uso del­le acque stesse, ottenendo in cam­bio speciali diritti di più diretto ed ampio beneficio che non sia quello sanato dalle Leggi normali dello Stato. La quale cosa non creerebbe per esse Leggi, un precedente dan­noso in quanto la situazione della Comunità Cadorina è del tutto speciale. In conseguenza di ciò, mentre mantengono la riserva di far ricorso al Tribunale Superiore delle Acque, i Comuni e le Regole interessati domandano al Ministero dei LL PP. che il non ancora pubblicato Decreto 5 luglio 1940. n. 2588. con il quale attraverso l'istruttoria 9 settembre 1925 veniva concesso alla SADE di derivare a scopo idroelettrico dal Torrente Silvella Visdende e dal Piave ed Acquatona, sia dichiarato senza effetto fino a quando non sia esperita una nuova istruttoria attraverso la quale gli interessati possano far valere gli accennati diritti di prelazione e con­seguenti, risultando del tutto ina­deguata la riserva di energia pre­disposta nel relativo disciplinare (Il ventesimo della portata minima, na­turale continua) e, mentre confer­mano le opposizioni già presentate dai singoli Enti locali del Comelico e di Sappada. chiedono il termine di mesi tre dalla data di notifica del verbale della presente istruttoria . per poter documentare tutte le as­serzioni indicate nella presente dichiarazione e presentare un proprio progetto di utilizzazione idroelettrica a norma dell'art. . 10 del T.U. 11 dicembre 1933. n. 1775. onde poter con essa soddisfare le necessità vitali di queste vallate, presumendo che la richiesta soddisfi ad....

Questo è quanto sono riuscito sommariamente a "mettere assieme". Riccardo Z.-2010

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dal sito web: https://progettodighe.it/dighe/val-visdende/

Le dighe

Val Visdende

 

pubblicato nel — modificato nel

  • Stato: Italia

  • Regione: Veneto

  • Provincia: Belluno

  • Località: Costa d’Antola

  • Corso d’acqua: Cordevole

  • Condizione: irrealizzata

  • Uso: Idroelettrico

  • Tipologia: arco a doppia curvatura

  • Anno di fine costruzione: non realizzata

  • Quota di massima regolazione [m s.l.m.]: 1156,50

  • Altezza dello sbarramento[m]: 72,30

  • Lunghezza del coronamento [m]: 186,00

  • Volume della diga [m3]: 57 500

  • Capacità invaso [Mm3]: 37.300


La storia

La diga di Val Visdende avrebbe dovuto rientrare nell’Impianto dell’Alto Piave insieme alla diga di Sappada (anch’essa mai realizzata), Comelico e Santa Caterina e alimentare la Centrale di Ponte Cordevole e La Lasta.

La progettazione è stata affidata all’Ing. Nino Alberico Biadene sulla base di un progetto dell’Ing. Carlo Semenza, perito tre anni prima. La sua realizzazione, però, è stata impedita dal disastro del Vajont del 9 Ottobre 1963 che ha bloccato la progettazione e la costruzione di tutte le dighe della zona. Però, secondo il libro “Piave” (Alessandro Marzo Magno, edizioni “Il saggiatore”), il manufatto non è stato costruito perchè “la S.A.D.E., attraverso coloranti, ha rilevato che in alcuni punti perimetrali dell’invaso si aprivano crepacci, per via della natura carsica del terreno”, e quindi l’acqua, raggiunta una determinata quota, poteva entrarvi, non permettendo quindi un ulteriore invaso.

Descrizione della diga e delle opere accessorie

Il manufatto doveva sbarrare il torrente Cordevole presso una sezione alquanto stretta della valle a circa 2 km a monte dell’immissione del torrente citato nel Piave in loc. Costa d’Antola e creare un bacino nell’ampia conca di Visdende della capacità complessiva di ben 37 milioni di m3 di cui 19 utili. Quest’ultimo si sarebbe dovuto estendere per circa 4,600 Km complessivi nella valle.

Il manufatto avrebbe dovuto essere del tipo a doppia curvatura in calcestruzzo, in parte tracimabile nella parte centrale, e avere un’altezza di:

  • Sul punto più depresso delle fondazioni: 74,50 m
  • Sul piano generale di fondazione: 72,30 m
  • Sull’alveo: 67,83 m

Il suo coronamento avrebbe dovuto avere una lunghezza di complessivi m 186,00 , una corda di 146,81 m e una larghezza di 3,50 m. Sul paramento di valle avrebbero dovuto essere predisposte tre passerelle di servizio. Secondo il progetto la diga alla base sarebbe dovuta essere 17,30 m e lo spessore minimo di 2,90 m. La diga avrebbe dovuto possedere nella parte centrale sette luci di sfioro aventi luce netta cadauno di 3,00 m e uno sviluppo complessivo di 21,00 m. Per lo sbarramento era previsto uno scarico di esaurimento che avrebbe dovuto attraversare il pulvino d’imposta a q. 1101,88 m s.l.m. che doveva possedere una galleria del diametro di m 0.56 e della lunghezza di 14,20 m chiusa a monte da una paratoia a strisciamento.

La presa di derivazione dovava essere predisposta in sponda sinistra ed essere protetta da una griglia a sacco sollevabile comandabile dalla cabina comandi centralizzati che doveva essere eretta in destra idrografica. L’imbocco della condotta dovava essere di forma quadrata di m 2,45 per lato.

Come raggiungere la Val Visdende

Bisogna seguire la A28 Palmanova-Tarvisio e bisogna uscire al casello di Carnia/Tolmezzo. Qui continuare per la strada statale 52 che passa per Ovaro e Rigolato fino ad arrivare a Sappada. Dopo 500 m circa dopo il centro abitato, si può ammirare lo spettacolo che offre l’orrido di Acquatona, dove, anche qui, doveva essere costruita una diga, quella di Sappada, già citata. Da qui continuare per 2,5 km fino ad arrivare al confine fra il Comelico e il Sappadino. Passata una galleria, un cartello sulla destra indica la direzione da prendere per la Val Visdende. La strada si inerpica per 3,4 km e arriva quindi ad affiancare il luogo di costruzione della diga. Per coloro che volessero visitare la magnifica conca di Visdende, paragonabile ad un giardino dell’Eden, tanto è incontaminata e magnifica, si avvisa che l’accesso è a pagamento.

Libri e siti Internet

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