Passiamo spesso davanti alla caserma Carlo Calbo di S.Stefano e ci rattrista vedere lo stato di abbandono, sopratutto della parte centrale, in cui versa. Chi ha una certa età ricorda la vitalità che esisteva in quello stabile quando era occupato dagli Alpini del Battaglione Val Cismon. Vitalità che si propagava nell'intero abitato con un incentivo economico di rilievo.
Si parla ora di prospettive di recupero nel prossimo futuro, dopo la parte rivolta alla strada statale che ora è destinato a Comanadola stazione Carabinieri di S.Stefano di Cadore, nella parte rivolta al torrente Padola dovrebbe insediarsi il nuovo Distretto sanitario e la Caserma dei Pompieri.
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Paolo Tonon fine  ricercatore della storia, sopratutto militare, vedi Cimitero Militare, ha dedicato in questa occasione un approfondito studio sull'argomento NOTE STORICHE RELATIVE ALLA CASERMA “CARLO CALBO” DI SANTO STEFANO DI CADORE E AI SUOI REPARTI  "con gli "addentellati" che toccano varie situazioni militari in zona.

Riportando una parte di quanto nel testo, appare anche una curiosità probabilmente tragica come epilogo: "

"Non sono mancati poi i personaggi di spicco che hanno prestato servizio nel Battaglione. In un periodo come il nostro, caratterizzato da guerre che non vedono la fine, particolare rilievo assume la figura di Paolo Dall’Oglio. Alpino del Val Cismon divenne, dopo il servizio militare,  padre gesuita e rifondatore di un’antica comunità monastica a Der Mar Musa al-Abashi nel deserto siriano. Uomo di pace e figura di primissimo piano nel dialogo interreligioso con l’Islam fu rapito da un gruppo legato ad Al Qaida il 29.07.2013. Da quel giorno di lui non si è  saputo più nulla. In tanti ancor oggi ricordano quel ragazzo romano, un po’ brontolone, in marcia con l’MG sulle spalle. "

(...troviamo sul web tanti argomenti al riguardo    https://it.wikipedia.org/wiki/Paolo_Dall%27Oglio  )


Grazie a Paolo per averci cocesso il materiale della sua ricerca che è pubblicato qui sotto.

 

NOTE STORICHE RELATIVE ALLA CASERMA “CARLO CALBO” DI SANTO STEFANO DI CADORE E AI SUOI REPARTI

 

    

La presenza sul territorio della caserma CARLO CALBO è certamente legata alla posizione geografica della valle. Il Comelico è da sempre terra di confine e l’esistenza della caserma trovò fondamento nell’esigenza di dare supporto logistico a quanti, questa terra, furono chiamati a sorvegliare e difendere.

Nell’anno 1934 venne costituito il corpo militare delle Guardie alla Frontiera con il compito di proteggere i confini. In particolare furono affidati a questo corpo circa un migliaio di Bunker costituenti il cd. Vallo Alpino del Littorio.

Il Vallo Alpino del Littorio, realizzato tra gli anni 1931 e 1942, fu un sistema di fortificazioni formato da opere di difesa – Bunker ma non solo – voluto da Mussolini e costruito per proteggere il confine italiano dai paesi limitrofi: Francia, Austria, Jugoslavia. Esempi di queste opere sono in valle visibili ancor oggi. Sono tali l’Opera 10 a monte del Passo Montecroce Comelico, le casermette di Dignas e del Passo dell’Oregone, i bunker di Bus de Val, della Val Frison o quelli posti a lato della Strada della Valle prima dell’ingresso a S. Stefano di Cadore.

Al 10.06.1940, data di entrata in guerra dell’Italia, la Guardia alla Frontiera  contava complessivamente  una forza di 50.000 uomini. .

A Santo Stefano di Cadore la Guardia alla Frontiera aveva  il proprio Comando per il  sottosettore XVI/a denominato “Cadore”, con competenza sulla linea di confine che dalla Sella dei Frugnoni arriva al Peralba. Tale sottosettore  era parte del Settore XVI Carnia-Cadore, dipendente a sua volta dal XIV° Corpo d’Armata di Treviso.

Detto Comando  trovava sistemazione in loco presso il fabbricato di via Udine, in quello dove, nel breve periodo degli  anni dal ’27 al ’31, avevano trovato sede  le  scuole industriali (per meccanici e falegnami) e che oggi vedono presenti uffici e sale  della Regola di Santo Stefano.

 

Nel giugno del 1939 il comando del XIV° Corpo d’Armata avanza, al Comune di S. Stefano di Cadore, la richiesta di cessione del fabbricato ex scuole industriali già di fatto sede del Distaccamento delle Guardie alla Frontiera. Ma il Commissario Prefettizio di allora, Giovanni Fontana, non accetta perché sono in corso le pratiche per la riapertura della scuola e non vi è altro stabile comunale da destinare all’uopo.

Conscia dei vantaggi derivanti dall’istituzione di un Distaccamento di questo tipo in paese l’Amministrazione Comunale propone un compromesso ed avanza la seguente proposta:

a)     dare gratuitamente in uso a tempo indeterminato la grande stalla esistente nella borgata Transacqua, da servire quale magazzino;

b)     cedere gratuitamente dalla metà di agosto del ’39 fino al 15.09.1940 il primo piano delle scuole già industriali  situate al civico 20 di via Udine, da servire quali uffici e camerate a servizio del reparto militare.

Tutto questo per non perdere l’opportunità offerta dal fatto che a S. Stefano venisse costruita nel futuro una caserma per circa 200 militari, di cui si stava sommessamente parlando e che, come riportato nella documentazione esistente presso l’archivio comunale, “apporteranno un notevole incremento del commercio locale, con vantaggi non indifferenti per l’intera popolazione”. A tal fine rafforza la proposta con la

c)     disponibilità a concorrere nella costruzione della futura caserma in S. Stefano con due decimi della spesa che sarà effettivamente sostenuta, fino alla concorrenza di Lire 70.000 da pagarsi in due annualità.

 

La proposta viene accolta. Viene redatta e sottoscritta la convenzione e si procede  in data 11.08.1939 alla consegna dei locali con processo verbale e contraddittorio sottoscritto per conto del Comune dal Geom. Tullio Pellizzaroli.

Nel 1940 comincia l’iter per la costruzione della nuova caserma per cui in data 06.08.1940 il Podestà  Giovanni Fontana scrive al Comando del XIV° Corpo d’Armata:

Mi risulta che fra breve avrà inizio- in località vicino al vecchio cimitero civile – la costruzione della nuova caserma di Santo Stefano di Cadore, per la quale questo comune ha deliberato un contributo di L. 70.000 e che così pure avrà inizio la costruzione di una palazzina per l’alloggio Ufficiali nei pressi delle segherie Kratter (ora supermercato Passuello).

In merito alla scelta di aree per la costruzione dei fabbricati di cui sopra mi permetto di osservare che sarebbe assolutamente opportuno costruire la palazzina sull’area destinata per la caserma e la caserma su quella scelta per la palazzina e questo per i seguenti motivi:

1)     il posto che verrebbe ad occupare la caserma è di grande importanza agricola per parecchi piccoli proprietari specialmente se si tiene conto che il terreno disponibile per la coltivazione è nel nostro Comune molto limitato;

2)     tenute presenti le condizioni attuali dell’acquedotto comunale, nella stagione invernale la caserma rimarrebbe senza acqua potabile;

3)     il costo di costruzione sarebbe molto superiore per i grandi movimenti di materiali necessari, nonché per la lunghezza della fognatura che dovrà essere costruita;

4)     nella località presso le segherie Kratter si potrebbe usufruire di un vasto terreno pianeggiante molto adatto per tutte le adiacenze necessarie alla caserma, suscettibile di accogliere ulteriori ingrandimenti e comodissima per lo scarico delle fognature e per l’approvvigionamento idrico.

Sarei pertanto a pregare codesto  Comando di voler prendere in seria considerazione quanto sopra esposto e fiducioso ringrazio.

 

Il 20.09.1940 il Comando Difesa Territoriale di Treviso risponde comunicando che, in accoglimento della proposta comunale, l’ubicazione della caserma prevista in prossimità del vecchio cimitero civile (dove ora sorge la casa di riposo), è stata spostata nei pressi delle segherie  Kratter.

 

Nel frattempo il 12.08.1940 era stata redatta e sottoscritta la “Convenzione per la concessione da parte del Comune di Santo Stefano di Cadore di un contributo alla spesa occorrente per la costruzione di una caserma da adibire ad uso accantonamento truppa s/settore della G.A.F.”

La convenzione, come detto in precedenza, prevedeva la concessione di un contributo pari a Lire 70.000 da corrispondersi in due annualità, e all’art. 5 la previsione che l’atto “stipulato nell’interesse dell’Amministrazione Militare sarà esente dalle tasse di Registro e bollo”.

 

La costruzione della caserma ha quindi inizio. Ciò sancisce, di fatto, il prevalere della proposta di Santo Stefano  rispetto alla vicina Sappada che a sua volta auspicava la costruzione dell’ opera sul proprio territorio.

Nonostante la realizzazione della caserma  si collochi in modo palese ed inequivocabile all’interno di un vasto piano di difesa nazionale, come recepito del resto dalla stessa convenzione sottoscritta, il parere degli uffici tributari, chiamati in causa nella questione, si attestarono su posizioni assolutamente differenti.

Nel dicembre del 1941 l’Ufficio del Registro di Treviso chiede al Comune di Santo Stefano il pagamento di Lire 1.463,70 quale imposta di registro sulla convenzione del 12.08.1940 con la quale il Comune si era impegnato a pagare il contributo di Lire 70.000, e questo perché l’ufficio disconosce che l’atto sia stato stipulato nell’interesse dell’Amministrazione Militare e quindi dello Stato. Il Comune chiede parere alla “Rassegna di Legislazione per i Comuni”. Non vi è dubbio, la ragione sta dalla parte del Comune; la pretesa è infondata ed invita il Comune a resistere. Ed in data 11.11.1942 il podestà Fontana ricorre all’Intendenza di Finanza di Treviso.

Il 04.06.1943 la Commissione Provinciale Imposte di Treviso decide. Nel dispositivo notificato il 12.08.1943 si legge: “La Commissione ad unanimità di voti, rigetta il ricorso”. Per quanto al Comune la decisione appaia iniqua non resta altro da fare che pagare.

 

Nel 1943 la caserma è costruita. In data 05 maggio dello stesso anno, il Comune chiede la liberazione del fabbricato di via Udine, concesso a titolo gratuito e la cui occupazione si era prolungata oltre gli accordi. Nella stessa missiva, si fa pressione al Comando del XIV° Corpo d’Armata, visto che è pronto il progetto del nuovo acquedotto, affinché lo stesso faccia a sua volta pressione presso il Ministero del Lavori Pubblici per il rilascio della concessione di derivazione dell’acqua ed affinché le medesime autorità concedano i materiali necessari alla realizzazione dello stesso.

 

La definizione degli espropri dei terreni sui quali la caserma fu costruita si protrasse per lungo tempo ed interessò le famiglie Kratter Ernesto, Daria e Zandonella (Maria e Silvia). Agli originari titolari dei diritti erano intanto succeduti gli eredi.

C’è una nota dell’allora Sindaco Giuseppe De Mario che il 26.02.1970 scrive alla Dir. Lavori Genio Militare di Bolzano che recita: A nome degli amministrati eredi Daria e Kratter Ernesto, mi permetto chiedere di voler fare conoscere, a che punto è la pratica, che si trascina da 30 anni, relativa alla espropriazione dei terreni per la costruzione di opere militari: Caserma “Calbo” in questo Comune.

A complicare le cose intervenne il fatto che taluni degli interessati erano a suo tempo emigrati e della loro sorte poco si conosceva. Scriveva il Sindaco Gaetano Polzotto il 06,04.1965:

 Per quanto riguarda gli eredi di Daria Antonio, figlie: Maria Anna e Giulia Angela, i congiunti qui residenti hanno dichiarato, che non conoscono il loro indirizzo negli USA, hanno avuto informazioni, secondo le quali, una delle suddette eredi sarebbe deceduta in un incendio e la seconda si sarebbe fatta suora, perciò nell’atto notorio sono state dichiarate irreperibili. Comunque il padre, prima del suo decesso avvenuto negli USA, ha ceduto tutte le sue proprietà in questo Comune, con atti regolari, al nipote Daria Silvio qui residente.

 

Le vicende dell’esercito italiano successive ai fatti del 8 settembre 1943, condizionarono inevitabilmente l’utilizzo della caserma.

I primi utilizzatori della caserma non furono soldati italiani, come si potrebbe pensare, bensì un migliaio di militari tedeschi. Questi, alla fine di aprile del 1945, si erano radunati a Santo Stefano di Cadore da tutta l’alta provincia di Belluno per tentare una disperata resistenza all’avanzata alleata. Il 2 maggio dello stesso anno, dopo che tutte le città venete erano state liberate, i partigiani di Santo Stefano ricevettero l’ordine a mezzo radio dai Comandi alleati di chiedere la resa della guarnigione tedesca. Una delegazione comandata da Ivo Bergagnin (Bosco) e composta da Guerrino Mina, Graziano Menia D’Adamo, Attilio De Candido e Luigi Solagna, a rischio della vita, si recò presso l’albergo KRATTER, sede del comando germanico, per intimarne la resa. Qualche ora più tardi, deposte le armi, i soldati tedeschi si incamminarono a piedi scortati verso nord. Giunti a Candide si imbatterono in un generale tedesco che impose loro di tornare indietro. Disarmate le scorte i tedeschi ritornarono verso Santo Stefano dove trovarono i partigiani ad attenderli con i mitragliatori puntati verso di loro. Arresisi nuovamente, a gruppi di quaranta, vennero scortati in caserma dove furono trattenuti fino all’arrivo dei carri armati americani.  

 

Con il settembre 1943 la Guardia alla Frontiera scompare. Bisognerà attendere il 1948 affinché vengano costituiti i primi reparti destinati a presidiare le opere fisse sul confine nord-orientale italiano. Nel 1952 tali reparti verranno riformati nei Raggruppamenti di Frontiera, ciascuno dei quali era composto da più Gruppi Sbarramenti. Sarà proprio uno di questi Gruppi, proveniente dal 21° RAGGRUPPAMENTO DI FRONTIERA con sede a Brunico, il  reparto ad essere dislocato presso la  Calbo. E’ il primo luglio 1954 e il IV° GRUPPO SBARRAMENTI “CADORE” è il primo reparto autonomo ad avere la propria sede nella caserma Carlo Calbo di Santo Stefano. Come avveniva per le Guardie alla Frontiera i soldati di quel reparto portavano il cappello alpino senza penna con fregio della fanteria.

Il 01.01.1957 il   IV° GRUPPO SBARRAMENTI “CADORE” divenne parte della  BRIGATA  

ALPINA CADORE cambiando la propria denominazione prima in BATTAGLIONE ALPINI DA POSIZIONE “CADORE”, poi dal 01.01.1958 in XIX° BATTAGLIONE ALPINI DA POSIZIONE ed infine, dal 30.09.1962,  in XIX° BATTAGLIONE ALPINI D’ARRESTO. Sul cappello alpino comparve quindi il fregio degli alpini, la penna e la nappina rossa con tondo verde. Sarà Guido Buzzo a disegnarne uno stemma, come ancor oggi testimonia il riconoscimento dell’autorità militare del tempo: un cippo di pietra con la punta a quattro falde sovrastato da  un’aquila che ad ali spiegate è posta  a difesa del confine.

 Il primo luglio 1963 un nuovo cambio di denominazione. Nasce il BATTAGLIONE ALPINI D’ARRESTO “ VAL CISMON” composto da quattro compagnie: 264^ 265^ 277^ e 347^. Ad ognuna di queste compagnie sarà affidata la responsabilità degli sbarramenti di Val Frison, Passo Monte Croce Comelico, Landro e Braies, gli ultimi tre con distaccamenti fissi in altrettante casermette.  La caserma Carlo Calbo  sarà la sede del Val Cismon fino al 30.06.1975, quando il Battaglione fu ridotto a quadro e trasferito in Val Pusteria. Ed è proprio il Val Cismon il reparto che ancor oggi, più di tutti gli altri, viene associato nella memoria collettiva alla caserma Calbo. Una tale situazione trova certamente giustificazione nel contesto nel quale il reparto si trovò ad operare. Quel periodo infatti fu caratterizzato da eventi drammatici che segnarono profondamente non solo le nostre comunità ma tutta la  società del tempo. Eventi quali la tragedia del Vajont e la terribile alluvione del 1966 videro l’impiego del Battaglione a supporto della popolazione. Nel vicino Alto Adige quella fu  la stagione degli attentati nel corso della quale, per circa un decennio,  le Compagnie furono impiegate nel servizio di ordine pubblico per la lotta al terrorismo. Tale periodo  ebbe il suo culmine con l’attentato di Cima Vallona. Il 25 giugno 1967  quattro militari persero la vita saltando sulle mine nascoste sui sentieri del monte e posizionate dal BAS (Befreiungsausschuss  Sudtitol), un’organizzazione terrorista separatista tirolese. Quel giorno il primo  a cadere  fu Armando Piva, alpino del Val Cismon a Santo Stefano di Cadore. Non sono mancati poi i personaggi di spicco che hanno prestato servizio nel Battaglione. In un periodo come il nostro, caratterizzato da guerre che non vedono la fine, particolare rilievo assume la figura di Paolo Dall’Oglio. Alpino del Val Cismon divenne, dopo il servizio militare,  padre gesuita e rifondatore di un’antica comunità monastica a Der Mar Musa al-Abashi nel deserto siriano. Uomo di pace e figura di primissimo piano nel dialogo interreligioso con l’Islam fu rapito da un gruppo legato ad Al Qaida il 29.07.2013. Da quel giorno di lui non si è  saputo più nulla. In tanti ancor oggi ricordano quel ragazzo romano, un po’ brontolone, in marcia con l’MG sulle spalle.

 Al Val Cismon  subentrò in caserma il BATTAGLIONE ALPINI “PIEVE DI CADORE” con due compagnie: dapprima la 75^ alla quale si aggiunse dopo un breve periodo la 67^.

Nel 1997 la BRIGATA ALPINA CADORE fu sciolta e la caserma Calbo fu chiusa definitivamente con pesanti ripercussioni sull’economia locale. Da quel momento l’intero complesso, gestito direttamente dal Demanio, si trova abbandonato ad una situazione di crescente degrado. Trasferito agli Enti Locali del territorio, attende ora  di essere in buona parte  riconvertito e, dopo i necessari programmati interventi,  riutilizzato quale nuova sede del Distretto Sanitario del Comelico e dei Vigili del Fuoco di Santo Stefano. Alla politica quindi è rimesso il futuro della caserma ed il compito di scriverne le prossime pagine di storia.

 

02 dicembre 2024

 

Gruppo Alpini Santo Stefano Di Cadore,   

Paolo TONON