Curiosità storica.

Nasce nel maggio del 1952 il primo numero del mensile "IL COMELICO" con la direzione di A. Pellizzaroli.
Nell'articolo di presentazione: L'idea di formare questo giornale nacque una sera. Una di quelle sere d'inverno lunghe e fredde, in un caffé del centro  tra alcuni amici, centellinando un buon bicchiere di vino, di quello "Verona" buono, che ti fa fare il bis e anche il tris, dopo i quali inizia un lungo colloquio che cominciando con i problemi del capoluogo va a finire su tutti quelli dell'intera Vallata.
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direzione e amministrazione - via S.Candido- S.Stefano di Cadore
prezzo £. 35

Anno 1  n.7-8 -dicembre 1952       pillole -appunti-storia dal mensile "IL COMELICO"

 

Dente nostra.... IL POETA BOSCAIOLO DI DANTA


Antonio Doriguzzi Rossin


"I cristiani all'assedio di Vienna"

- NELLE SUE OTTAVE •

I. puntata)

La visita da noi fatta a Rizios per ammirare la pianeta usata dal generabile Marco d'Aviano all'assedio di Vienna del I683, ci ha fatto correre inevitabilmente col pensiero al poema che Antonio Doriguzzi Rossin di Danta scrisse per cantare le gesta eroiche compiute dai cristiani in quel memorabile periodo, ed in quella dura battaglia che segnò la più grande vittoria storica del cristianesimo contro gli infedeli che se non fosse avvenuta avrebbe certamente determinato un diverso orientamento della storia d'Europa.

Il poema e di Carlo Leopoldo che l'Autore stilò nella sua Danta circa un secolo fa. In esso sono rievocati fatti e personaggi storici oltre i quali la fervida mente del poeta ha creato anche personaggi fantastici ed irreali che hanno preso parte alla battaglia con tutte le loro potenze e con la escogitazione di tutti i mezzi pur di arrivare al raggiungimento del loro scopo ultimo : la vittoria.

Mentre infatti coi Maomettani hanno preso parte — convocati da Satana — tutti gli spiriti del male, i quali hanno messo in atto principalmente i dettami di Molocco che consistevano non nella forza delle armi, ma nel fomentare la discordia e nel propagare l'ingiuria e la lussuria.

Da parte cristiana abbiamo invece l'intervento dell' Arcangelo Michele il quale inviato da Dio per intercessione dei Santi e della Vergine, commossi alle preghiere di cristiani, sfida Satana e lo ricaccia nell'Inferno con lutti i demoni, nonostante che la furia Aletto avesse cercato di ostacolare il suo tentativo con un orribile procella.

Dopo quest'ultimo fatto non appaiono più potenze celesti od infernali nel resto della battaglia che si svolge sempre con diverse strategie, con soli uomini i quali hanno perfino usato, attraverso feritoie (( il fumo insano — di Gonzalese l'inventore ispano » (gas asfissiante). Naturalmente e compresa nel poema tutta la manifestazione dei più grandi sentimenti umani; quelli cioè che muovono ancor oggi gli eventi della storia. Ha avuto però la parte preponderante l'amore per il quale vediamo, pur in mezzo all' infuriare della battaglia, fiorire sentimenti sublimi che arrivano spesso fino al sacrificio supremo.

Emergono tra i numerosi personaggi: Leopoldo, Giovanni Sobischi, il Duca Carlo, il Conte Alberto ed il padre Marco d'Aviano cappuccino, il quale a fine assedio consiglia d'inviare il vessillo turco al Papa per indicare il segno della vittoria.

Nella parte avversa troneggiano. oltre al Sultano Maometto, il Gran Visir Carano e Radosco generali ai quali è stato commesso il comando della truppa maomettana, poi Techeli il traditore di Leopoldo 1, che pel suo tradimento fu elevato dai turchi alla dignità di principe « padrone della media Ungheria » e che finì tavernaio e dimentico tra gli ebrei a Costantinopoli.

Nel campo femminile affiorano: Fiorina che dopo essersi convertita al cristianesimo, visto inutile il suo amore per il Duca Carlo, si trafigge e muore con i conforti della Fede. Abinda che per generosità del cristiano Badiano si riunisce al marito lasciato libero dalla prigionia e ritorna convertita alla terra natia. Così Mellite, vedova di Polluce, che ebbe durante un viaggio alla tomba del profeta alla Mecca, in dono da un cadorino « la croce di Cristo ch'egli teneva al petto dovendo pellegrinare a Gerusalemme ì) (G. Da Vià) e dalla cui proiezione fu sempre salvata da tutti i pericoli.

V'è insomma in tutto il poema del Doriguzzi una trama avvincente che commuove oltre che un continuo trasparire di onestà e di bontà, tanto che non un ottava, non un verso, non una parola "disdice all'onestà ". Un cantico dunque di tutto quello che è buono e canto. L'Autore conclude la sua fatica con una serie di ottave che racchiudono l' Inno di Ringraziamento che i cristiani hanno cantato nella chiesa di S. Stefano a Vienna per il conseguimento della vittoria.

Di tutto il poema esiste poi una bellissima sintesi fatta per canti dal Maestro Giovanni Da Vià di Domegge (appassionato cultore di cose cadorine) con introduzione e postilla storica nonché con note biografiche sui principali personaggi. Peccato che sia inedita e quindi poco conosciuta (e perchè non pubblicarla?); se fosse pubblicata si potrebbe ammirare una sintesi che ha certamente il suo elevato valore storico e letterario che riuscirebbe a far brillare di nuova luce anche il Poeta di Danta, del quale il 6 ottobre 1956 ricorre il secolo della scomparsa.

Allora questa data potrebbe segnare se non addirittura la ripubblicazione del Carlo Leopoldo, almeno un maggiore riconoscimento del Poeta-boscaiolo che ha meriti indubbi per una piena rivalutazione.

A, Cotfen Marcolin

Dente nostra.... IL POETA BOSCAIOLO DI DANTA
Antonio Doriguzzi Rossin

Morì tragicamente dopo aver scritto un poema che dedicò al Viceré Raineri ottenendo in compenso l'erezione di Danta a Comune indipendente.


2. puntata)


CENNI BIOGRAFICI

La brevissima analisi da noi fatta a  " Il Carlo Leopoldo » di Antonio Doriguzzi Rossin fa sorgere spontaneo il desiderio, per chi non conosce un po' la biografia dell'Autore; (cosa del resto a pochi nota) di conoscere la vita del poeta-boscaiolo di Danta, e di vedere un po’ da vicino gli eventi che hanno portato alla ribalta della poesia questo modesto ma capace figlio del Comelico. Questo viene poi ad essere indispensabile non solo perchè investe una necessità biografica; ma anche e sopratutto perchè conoscere le varie vicissitudini della vita del Doriguzzi — conclusasi purtroppo tragicamente — può far valutare nel modo più equo e con maggior esattezza l’opera che egli ha donato ai posteri al fine anche di dare alla stessa un maggiore riconoscimento.

Nacque Antonio Doriguzzi il 27 settembre 1788 a Danta di Cadore, ed incominciò sin da bambino a conoscer la dura lotta per la vita e la fatica per procacciarsi gli alimenti nel non facile ambiente dei paesi montani, che riservavano assai poche risorse naturali. Si dedicò sin dall'infanzia al lavoro dei  campi e dei boschi, gli unici del resto che con la pastorizia e la caccia, formassero l'assetto economico locale di allora. Studiò le elementari nel suo villaggio ed apprese i primi rudimenti del latino da don Valentino Martini di Padola. Da allora innamorato com’ era dello studio — principalmente della letteratura e della storia — incominciò a dedicarsi a questo con grande passione.

Lesse i poemi classici italiani aggiunti certamente anche a quelli omerici. La conferma che egli abbia studiato anche i testi del poeta greco l'abbiamo anche nella introduzione del poema nel quale per giustificare il tema dell'assedio di Vienna da lui scelto per elaborare il suo scritto afferma che questa scelta era stata fatta solamente perchè, agli occhi dei lettori questo potesse avere una base di verosimiglianza: contrariamente cioè del  poeta greco che nella sua Iliade  aveva inserito fatti che potevano apparire agli occhi dei posteri come assurdi in quanto « Ettore ed Achille lancia deli macigni, che avrebbero preponderata la forza di dieci uomini dei tempi del poeta ». Non trascurò la Divina Commedia; ma certamente a tutti predilesse la Gerusalemme Liberata e dello stile di questa si immedesimò al punto che certe sue ottave sono quasi affini.
Le copiose letture fecero si che prendesse familiarità con la lingua italiana ed incominciasse assai giovane a scrivere versi. Purtroppo non si conservano scritti editi od inediti della sua età giovanile; (forse questo è dovuto al fatto che Danta fu distrutta spesso da incendi) è certo però che deve aver scritto anche da giovane se afferma « O mente mia, che sull’alpestre cima — d’umil soggiorno tra i silvestri fiori un tempo modulasti in rozza rima — li giovanili miei primieri errori ». (II Carlo Leopoldo canto I, ottava 25). Ma escludendo anche I'affermazione personale si hanno altre conferme che «...geniali produzioni poetiche inedite compose con profondità di pensiero e spirito attico » il poeta di Danta.

Dopo questi primi tentativi concepì l’idea di scrivere un poema sull' assedio di Vienna che portò a compimento. Non si conosce con esattezza il tempo dedicato al completamento di quest’opera, probabilmente lunghi anni se questo è stato dato alle stampe solo quando (nel 1843) l’Autore aveva già 55 anni. Non meraviglia del resto questo fatto se si pensa che scriveva nei ritagli di tempo lasciategli liberi dal lavoro del bosco (da ciò poeta boscaiolo) o del campo. Narrasi che elaborasse dei versi che poi trascriveva al ritorno a casa, anche durante il lavoro, versi dovevano diventare il Carlo Leopoldo. Dedicò il suo poema al Vicerè Raineri che allora reggeva il Lombardo - Veneto. Questi chiese al poeta che cosa desiderasse in compenso; allora il Doriguzzi rispose che desiderava solamente il suo paese natio elevato a comune indipendente. Inutile dire che fu esaudito, anche se taluno vorrebbe affermare che la dedica fu fatta nella "occasione che Danta fu e-retta in comune » facendo vedere allora, che fu più una gratitudine del poeta verso il Viceré che non un compenso di questi al poeta;  ma questo è errato.

Negli ultimi anni della sua vita il poeta espletò la mansione di segretario comunale a S. Nicolò di Comelico ove ancora oggi si può ammirare sui relativi registri le trascrizioni da lui fatte con bellissima calligrafia.

Morì tragicamente il 6 ottobre 1856, tanto che fu trovato cadavere sotto il ponte del torrente Padola. Non si è potuto appurare con certezza nè le circostanze nè la motivazione della sua misera fine anche se la disgrazia o la aggressione possono essere del pari accreditate.

Oggi la sua famiglia è estinta e non si conservano di lui che poche cose, tra le quali un pregevole dipinto ad olio che lo ritrae e che è conservato in Parrocchia.

A. Coffen Marcolin